Era il 1977, ancora non era stata approvata la legge che legalizzava l’aborto (= omicidio) che, però, veniva fatto spesso clandestinamente.
La signora che mi veniva ad aiutare a casa un giorno arrivò in lacrime. La invitai a dirmi cosa avesse e mi raccontò che la nipote, pur avendo la spirale, era rimasta incinta. La sera prima erano andate da un ginecologo, questi aveva tolto la spirale e poi, confermando la gravidanza, aveva detto che a quel punto la stessa poteva essere compromessa, perché togliendo il dispositivo, magari era venuto via un braccino o comunque il feto era stato danneggiato certamente.
Li convinse che era meglio un aborto, lì, nel suo studio : con un milioncino di lire l’avrebbe “liberata” in pochi minuti di quel feto sicuramente ormai imperfetto. Avevavo fissato la data…
Inorridii. La signora era poco istruita, mi sedetti, presi un foglio e disegnai un sacco amniotico contenente un feto. Le spiegai che, se togliendo la spirale il medico avesse danneggiato il sacco, sarebbe avvenuto un aborto spontaneo! Com’era possibile che, senza forare l’involucro che lo conteneva, avesse staccato un arto al piccino?
Lei volle il mio disegno per spiegare tutto alla nipote. Sulla mia parola la ragazza non abortì. Dopo otto mesi nasceva la più bella delle sue figlie, che oggi è un’ostetrica: sa di essere nata per un atto di fede e lotta per aiutare le donne che incontra a scegliere la vita!