Quando si parla di educare alla fede, come facciamo ad affrontare la crescita dei nostri figli? Se finché sono piccoli è più facile coinvolgerli e appassionarli, mano a mano che crescono diventa sempre più complesso: iniziano a sorgere i loro primi dubbi, diventano sempre più forti gli stimoli provenienti da agenzie educative lontane dalla nostra sensibilità, il giro di amici rischia di attirarli lontano dalla fede, la noia e il disinteresse per la vita liturgica iniziano a farsi sentire… Sullo sfondo rimane costante e ingombrante il nostro timore che finiranno per perdere la fede e abbandonare la partecipazione ai sacramenti. Come possiamo agire in modo preventivo, nella relazione con i nostri figli, per cercare di arrivare alla fase della pre-adolescenza ed adolescenza ben equipaggiati?
Sono convinta che sia fondamentale tenere aperto il canale del dialogo. Chi già vive o ha vissuto l’esperienza di avere un figlio adolescente, sa quanto possa essere difficile il dialogo con lui, per questo è importante che una comunicazione aperta, sincera e reciproca sia un’abitudine che si costruisce fin dall’infanzia. Di certo, questa è una regola d’oro dal punto di vista educativo, in generale! Ma rimanendo sul tema di questi nostri approfondimenti, vorrei sottolineare in modo particolare l’importanza di un dialogo libero e franco sui temi della fede, fin dall’infanzia.
Se desidero che mia figlia, una volta cresciuta, si senta a suo agio nell’esporre le sue titubanze, nel confidarmi le sue perplessità, nel chiedere chiarimenti sui temi di fede, è necessario che ci sia una consuetudine al dialogo, costruita nel tempo. Cesellata attraverso le esperienze della vita, plasmata dagli eventi positivi e negativi che interrogano innanzitutto noi, adulti, sulla nostra adesione alla fede. Questo significa parlare di Dio ai nostri bambini, presentare Gesù come l’Amico vero, accompagnarli in una preghiera sempre più consapevole e personale. Ma vuol dire anche fare domande, chiedere di prendere posizione, avviare conversazioni. Significa anche, soprattutto, mostrarsi accoglienti e non avere sempre la risposta pronta, ma coltivare la preziosità di una fede che ti interroga e ti mette in crisi. Questo è estremamente importante, se vogliamo che crescendo i nostri figli non si sentano giudicati o si valutino “sbagliati”, quando dovessero sperimentare i loro primi dubbi.
Vorrei donarvi la testimonianza di Chiara e Lorenzo, genitori di due figli grandi (22 e 24 anni). Raccontano una vita “normale”, che magari si avvicina a quella che è l’esperienza di molti di noi: una relazione con i figli fatta di tanto dialogo, affrontato con serenità, anche davanti alle domande difficili, alle esperienze di dolore, parlando loro di come sia importante affidarsi a Dio e riconoscersi creature bisognose di tutto. Parlare senza paura e pudore di Colui in cui crediamo, nonostante il mondo guardi in senso opposto, è la chiave che ha aiutato questi due genitori a crescere i propri figli nella fede con serenità.
Testimonianza
Trasmettere la fede ai figli…fin dall’inizio è stato spontaneo, accogliendoli fra le braccia, vedere in quelle piccole creature l’immagine di Dio. Con la stessa spontaneità abbiamo loro insegnato il “Padre Nostro” e l’”Ave Maria”, cosicché i piccoli assieme alle prime paroline, ripetevano le prime preghiere. Fin da subito li abbiamo portati in Chiesa, certamente con fatica, ma cercando di parlar loro di Gesù e di trasmettere il rispetto che è indispensabile al cospetto di Dio. Abbiamo parlato loro del Tabernacolo e della presenza costante del Signore fra noi.
Crescendo, è stato fondamentale non aver timidezza nel professare la propria fede e sicuramente il Vangelo è entrato nel loro cuore, non solo perché si pregava assieme ai pasti e prima della nanna, ma proprio perché in ogni difficoltà o gioia, si citavano versetti del Vangelo. Così è stato anche davanti agli spettacoli meravigliosi che le montagne e il mare, gli animali, la natura, il tramonto o la neve, ci mettevano davanti. Crediamo sia stato importante insegnare ad affidarsi come creature e a ringraziare per ogni cosa bella che potevamo godere.
Affidarsi, questa è stata la parola chiave nell’adolescenza, quando le difficoltà si sono fatte chiaramente più presenti. Mettere tutto nelle mani di Dio, cercare di combattere paure ed ansie, ricordando che il Signore si occupa dei gigli nei campi e degli uccelli del cielo.
Un’altra parola chiave è il perdono. Il perdono è l’atto d’amore più grande verso gli altri, ma anche verso sé stessi e anche questo costante riferimento ha caratterizzato i nostri discorsi. Certamente a trasmettere la fede ci hanno aiutato la partecipazione alla Messa in famiglia, la condivisione di esperienze con il Gruppo Famiglia Parrocchiale, l’iscrizione a gruppi Scout e di Azione Cattolica. Abbiamo creduto, anche con sacrificio, che far frequentare gruppi in cui si potevano fare esperienze di vita, di fede e di preghiera, sarebbe stato importantissimo per i nostri figli e vediamo, ora che sono ventenni, che è stata una fiducia ben riposta.
L’aver partecipato alla GMG a Cracovia, al pellegrinaggio a Roma di tutti i ragazzi italiani “Per Mille strade”, aver fatto esperienza di volontariato a Lourdes a contatto con la disabilità e la preghiera, ha formato il cuore dei nostri figli. Le altre esperienze di fede vissuta sono state servire all’altare come chierichetti, cosa che ha consentito loro di vivere e capire meglio le celebrazioni, frequentare il catechismo e gruppi come la “Turris Eburnea”, il “Samuel” e il “Seguimi” del Seminario di Genova.
Per noi è stato importante anche vivere la Chiesa Diocesana come organizzatori, partecipare alle processioni, al Congresso Eucaristico e alla venuta a Genova di Papa Francesco. Sicuramente “sentirsi parte attiva” e vivere veramente la Chiesa è il segreto. Sicuramente non è stato tutto facile, soprattutto crescendo, ma la coerenza delle idee e della vita aiutano i ragazzi ad avere un punto di riferimento stabile.
In casa abbiamo parlato degli argomenti anche più complessi che con due giovani la società di oggi, che rema contro, porta alla ribalta. Lo scambio di idee è sempre sincero e accogliente, anche quando naturalmente si presentano dei dubbi. Sicuramente è importante non aver paura di professare ciò in cui si crede e impregnare la propria quotidianità della Presenza del Signore, avendo sempre fiducia nella forza della preghiera.