L’atto sessuale è un gesto che ci permette di entrare in relazione con l’altra o l’altro. E non una relazione qualunque: è il gesto più intimo e profondo che esista. Ci permette di diventare una sola carne e, attraverso la fusione che avviene, di generare una terza persona.
Ma cosa succede se, scavalcando queste due dimensioni (unitiva e procreativa) ci causiamo piacere da soli? Tutto ciò che procura godimento fisico ci fa bene anche al cuore? Masturbarsi è come fare l’amore?
Cosa succede se preferiamo la masturbazione reciproca, il sesso orale o anale?
Il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega che non è bene per l’uomo e per la donna cercare godimento sessuale fuori della relazione sessuale, che si realizza in un contesto di vero amore, mantenendo integro il senso della mutua donazione e della procreazione umana (Cfr. CCC 2352). Ora, però, vorrei proporvi delle storie, più che dilungarmi in spiegazioni.
Nel mio libro Casti alla meta. 50 sfumature dell’amore vero, (Mimep Docete, 2021) riporto la testimonianza di Anna. Di seguito, i tratti salienti della sua storia:
Masturbazione: una parola che non si pronuncia volentieri, in particolare associata a noi donne. Ancora faccio fatica a collegarla a me stessa. Ho iniziato a masturbarmi che ero alle elementari, non so se ci sia stato un evento scatenante o altre cose del genere, so semplicemente che è partito tutto in modo molto naturale. In adolescenza ho capito che quello che facevo era effettivamente masturbazione, ed era parte di me e della mia quotidianità.
Dentro di me sentivo che non era qualcosa di totalmente buono. Mi vergognavo e guardandomi intorno mi
sembrava di essere la sola a fare “questa cosa”. Sapevo inoltre, essendo credente, che era considerato peccato dalla Chiesa. Mi sono posta delle domande, alle quali però non ho mai cercato realmente una risposta.
Crescendo, ho maturato il desiderio di un amore pieno con l’altro, sentendomi sempre più chiamata a custodire la mia verginità fino al matrimonio; questo desiderio di amore con l’altro però lo tenevo ben separato dalla pratica della masturbazione; come se le due cose non fossero intimamente collegate. La masturbazione la vedevo come un bisogno fisico del mio corpo, pensavo: “Come ho bisogno di mangiare e bere ho anche il bisogno (e la possibilità) di provare piacere fisico”.
Durante un corso, chiamato “Tu sei prezioso” per la prima volta mi sono sentita dire che la masturbazione può rendere difficoltoso provare il vero piacere fisico dato dall’unione di due corpi e due anime e che quindi effettivamente non mi stavo facendo del bene. Sono arrivata a decidere di darmi uno stop.
Oggi, la fede avvalora e sostiene il mio nuovo percorso, ho iniziato a credere e a sentire realmente che Dio ci ha pensati, noi tutti, per cose ben più grandi, belle e piene. Ho così iniziato questo mio nuovo cammino con il Sacramento della Confessione, che mi ha dato ancora di più la possibilità di ricominciare da zero.
La masturbazione era in me solo la punta di un iceberg, sotto la quale si nascondevano cose più complicate da affrontare; nel mio caso credo andasse a coprire un senso di solitudine e di vuoto. In un qualche modo attraverso la masturbazione ho trasformato un desiderio bello di unione con l’altro in un qualcosa che sottolineava ancora di più quello che non avevo e che mi mancava.
L’escludere la masturbazione dalla mia quotidianità mi richiede di non nascondere a me stessa le mie fragilità e debolezze, dandomi così l’occasione di lavorare su di esse.
La seconda testimonianza, presente nel libro Voglio donarmi completamente a te. Per un’intimità liberata e liberante(Editrice Punto Famiglia, 2022), riguarda una ragazza che ha vissuto vari “surrogati dell’amore”:
Mi chiamo Clelia e ho 29 anni. A sedici anni ho avuto la mia prima storia. L’attrazione fisica tra me e il mio ragazzo era molto forte. Lui era bello, dolce, romantico. Mi sembrava di aver trovato il principe azzurro. Ben presto abbiamo sentito nascere il desiderio di unirci fisicamente.
Tuttavia, non me la sentivo di avere rapporti completi a quella età, perché mi rendevo conto che il sesso era una cosa importante e avevo paura di restare incinta (nessun contraccettivo è infallibile).
Senza avere ancora le idee chiare su come vivere la nostra sessualità nel fidanzamento, io e Federico ci siamo lasciati trasportare dagli eventi: abbiamo iniziato a spogliarci e a “concederci” ogni giorno qualcosa di più, credendo di avvicinarci al sesso, mentre ciò che facevamo ci allontanava soltanto dall’unità.
La masturbazione, il sesso orale, il sesso anale sono solo dei surrogati: dobbiamo avere il coraggio di dirlo forte e chiaro. Io oggi ce l’ho, quel coraggio, perché sono stata schiava di queste cose, credendo di proteggermi e di vivere una bella intimità, e invece ho capito che sono nata per altro.
Sono nata per fare l’amore: per diventare un solo corpo e una sola anima, guardandoci negli occhi.
Ho passato un anno e mezzo a compiere questi gesti. Non parlavo di ciò con i miei genitori (mi vergognavo, ovviamente), per le mie coetanee era tutto normale… ma io mi sentivo “sporca”.
Non mi sentivo a posto, soprattutto quando facevo la comunione (perché in tutto ciò io ero credente e andavo ancora in chiesa. Mi confessavo anche. Questo, però, non lo dicevo in confessione. Non lo vedevo come un peccato, non volevo vedere che stavo facendo uno scempio del mio corpo, anche se in fondo lo sapevo).
Dopo due anni di relazione, io e Federico ci siamo lasciati, proprio quando ormai ero quasi sicura di voler vivere con lui un rapporto intimo completo.
Poi ho incontrato Gesù (non più in modo superficiale, ma davvero!): la sua presenza è penetrata in ogni sfera del mio esistere e tutto in me è cambiato. A 20 anni, nel pieno di questa conversione, ho conosciuto Simone, un ragazzo serio, onesto, puro. Dopo qualche mese di frequentazione ci siamo messi insieme. Ed è stato lui a dirmi in modo chiaro che le cose che facevo con Federico erano “sleali”, che fare l’amore era un’altra cosa.
“Anche se non hai fatto l’amore nel vero senso della parola, non puoi dire di essere vergine”, mi ha detto.
Avevo bisogno di quelle parole, per convertirmi fino in fondo. Per scegliere davvero la castità. Io e Simone abbiamo deciso insieme di attenderci fino al matrimonio e di vivere, una volta sposati, l’atto coniugale senza scorciatoie, in modo vero. Oggi so di essere caduta in una menzogna con Federico: quella di usarci a vicenda.
Non rifarei quello che ho fatto con Federico, mentre rivivrei altre cento volte il mio secondo fidanzamento in castità.
Le storie di altre persone ci aiutano a riflettere su noi stessi, senza sentirci giudicati.
Le storie propongono, non impongono… ecco perché possono essere un valido strumento per affrontare temi delicati come questo. Perché non provare a dialogare su sesso e masturbazione con i vostri ragazzi a partire da queste o altre testimonianze?