Oggi mi vorrei soffermare sull’importanza di aiutare i ragazzi a non perdere la purezza, a conservarla. Infatti, più perdi la purezza, più perdi te stesso. Più perdi la purezza, più perdi la capacità di relazionarti. Più perdi la purezza, più sei incapace di donare davvero la tua vita. Succhierai dagli altri ciò che riesci, ma il cuore non sarà mai sazio.
Insegniamo ai giovani ad amare sé stessi, a custodirsi. Solo così potranno amare e custodire altri. Amarsi, però, non significa essere egoisti e sfruttare gli altri, significa riconoscere il proprio valore e prendere consapevolezza di essere chiamati a cose grandi.
Proprio in questi giorni una donna, madre di una bambina di sei anni, mi ha confidato di avere grossi problemi con il suo ex, nonché papà di questa bimba (anche se non si comporta affatto da “padre”). Lui è schiavo di molte dipendenze (tra cui quella dal sesso) e tratta le persone come fossero cose. Dopo l’ennesima storia finita male, l’uomo è tornato da lei, solo per chiederle di andare a letto insieme. Voleva “una botta via”, insomma, con la mamma di sua figlia. Lei ha rifiutato. A quel punto ci ha riprovato con un’altra sua ex, ma anche quest’ultima ha detto di no. Una sera, per colmare il senso di vuoto e solitudine che sentiva, ha preso così tante pasticche da finire in ospedale. Ha minacciato le due donne di rovinar loro la vita e poi ha scritto che avrebbe tentato il suicidio.
Il mio cuore ha pianto sentendo questa storia. Perché si può arrivare ad allontanarsi così tanto dalla Vita? Perché si può morire dentro fino a tal punto?
Con il cuore spezzato (il mio pensiero va anche alla bambina, vittima innocente di questa situazione) mi trovo oggi a scrivere unarticolo sull’importanza di educare i giovani – fin da piccoli! – a vivere in modo sano la loro affettività.
Beh, lo capite da voi: ne va dell’avere o no la vita. Quella vera.
Qualcuno potrebbe dire: “Ma quest’uomo è malato… Non può essere preso ad esempio”.
Beh, quest’uomo non ha problemi di tipo cognitivo. È stato ridotto così dalla sua famiglia: da quando è nato fino alla veneranda età di 41 anni non ha mai – e con mai intendo proprio mai – ricevuto un no come risposta ad ogni suo desiderio dai genitori. È cresciuto come un piccolo imperatore. Così, si è convinto che tutto il mondo dovesse ruotare attorno a lui. E se oggi qualcuno contraddice questa sua pretesa, lui scatta in modo sproporzionato. Non è capace di digerire neppure la minima frustrazione. Non è capace di inquadrare il sesso come vincolo di unità e comunione: lo vede come atto da cui trarre solamente la sua gratificazione personale.
Non hai mai imparato a vedere nell’altro un “tu”. Non gli è stato insegnato ad avere uno sguardo puro, ovvero a considerare la persona vicina un dono. Ha sempre guardato tutto nella logica del possesso. E così facendo soffre, oggi, di “depressione aggravata”. Non amare porta a questo. Porta a perdere il senso di ogni cosa.
Non è vero che l’uomo è felice quando segue ogni istinto. L’uomo è felice quando impara a volere bene. Quando sa guardare oltre i propri bisogni e sa aprirsi ai bisogni dell’altro.
Quest’uomo non è stato educato ad uscire da sé stesso e questo egoismo senza confini lo ha portato ad avere tutto (una villa, un lavoro buono, tante donne, un buon fisico, auto, moto, collezioni di vario tipo) eppure non ha nulla, perché non ha relazioni sane.
Alessandra e Francesco di 5pani2pesci dicono sempre che non è tanto importante avere successo o soldi, non è questo che ci porta davvero ad essere felici, ma avere un’affettività libera, guarita.
Educhiamo i giovani alla gratuità in amicizia e alla reciprocità nelle relazioni a due.
Educhiamoli a non sfruttare l’altro, anche sul piano sessuale, ma a vederlo come una persona che detiene una dignità immensa.
Sfatiamo i tanti miti che aleggiano intorno alla fatidica “prima volta”. “Farlo solo per farlo” non è per il loro bene. È solo l’inizio di tanti problemi affettivi (perché è in quel momento, facendo sesso per il sesso, che inizi a vedere l’altro come una cosa).
Noi adulti, tanto più se cristiani, ce l’abbiamo il coraggio di dire questo? O cediamo alla cultura dominante e ci limitiamo a infilare preservativi nelle loro tasche, dicendo che in fondo è normale e che va tutto bene perché “devono fare le loro esperienze”? Loro sono chiamati a scegliere, ma tu, padre o madre, hai il dovere di offrire una strada, di tracciare un sentiero.
Se tu, genitore, hai scoperto che solo l’amore salva, testimonialo. Forse, tuo figlio, tua figlia, per un po’ di tempo rifiuterà ciò che dici, ma dovrà confrontarcisi. E, magari, riaccoglierà il tuo esempio in un secondo momento.
Nel libro “Genitori sta a noi. Dieci passi per vivere meglio in famiglia” (Mimep Docete, 2022), dove parlo dei 10 comandamenti inquadrandoli nella prospettiva dell’essere genitori, nel sesto capitolo, dove affronto il sesto comandamento, riporto una storia che a me ha insegnato ad avere fiducia e speranza, anche quando ciò che facciamo sembra inutile, quando a malincuore dobbiamo accettare che i figli buttino via ciò che abbiamo cercato di seminare.
È la storia di Clelia, 29 anni, che si è ribellata agli insegnamenti dei genitori per un certo periodo, poi, in un altro momento della sua vita, i suoi occhi sono stati aperti e ha accolto quei valori con maggiore consapevolezza.
I figli ci guardano, ci ascoltano, anche quando sembra che non sia così. E imparano prima di tutto da noi cosa sia amare.
Cosa può imparare tuo figlio, tua figlia, dal tuo modo di amare?
Hai a cuore la sua purezza? Hai a cuore, cioè, che mantenga uno sguardo limpido e non di possesso sulle persone che lo circondano? Hai capito che solo donando e mai sfruttando potrà essere felice?