Continuiamo il nostro cammino all’interno della promessa matrimoniale: dopo aver riflettuto insieme sulla frase “prometto di esserti fedele sempre” è il momento di guardare alla seconda parte di ciò che pronunciamo al nostro sposo, che si riferisce al come e quando ti accolgo come sposo: nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia.
L’amore sponsale avviene nella quotidianità, quando il matrimonio diventa tomba non tanto dell’amore – come suggerisce il mondo – ma dell’innamoramento, cioè quando non vado dove mi porta il cuore, ascoltando solo ciò che sento, ma accetto di guidare il mio cuore, anche con la mia volontà.
Io e Luca, essendo sposati da poco più di tre anni, non abbiamo ancora una lunga esperienza di questo alternarsi di circostanze umane e non abbiamo toccato situazioni estreme, ma nel nostro piccolo, fatto di scelte e vicende quotidiane, impariamo a rimanere nell’amore, condividendo le gioie e sostenendoci nei dolori, accompagnandoci a crescere nelle fatiche e nelle sofferenze così come nelle conquiste e nei successi.
Forse la circostanza più significativa che ci siamo trovati ad affrontare e che ci ha fatto sperimentare la potenza e la grazia dell’amore sponsale è stata a tre mesi dal nostro matrimonio: io, educatrice di asilo nido, condividevo l’attività con un’altra ragazza che, appena prima del nostro Sì, ci chiese di aspettare a cercare un figlio. Mi diceva che dalla sua esperienza è meglio dare un tempo esclusivo alla coppia appena sposata, inoltre lei e il marito stavano progettando un terzo figlio.
Io e mio marito rimanemmo un po’ confusi e scandalizzati dalla richiesta: non volevamo programmare le cose così, non volevamo metterci a tavolino a decidere noi il quando e il come, almeno all’inizio, né tanto meno condividere questa “scelta” con qualcuno al di fuori di noi due e che non fosse il Signore.
Decidemmo quindi di scegliere per amore di qualcuno e non per la paura di perdere qualcosa e ci affidammo ai desideri di Dio sulla nostra vita.
Così dopo tre mesi dal matrimonio rimanemmo in attesa e, di conseguenza, persi il lavoro con la motivazione che le nostre scelte non erano compatibili con un progetto educativo di nido e mettevano in difficoltà la collega.
Io mi sentivo smarrita: nel giro di pochi mesi ero diventata sposa, mi accingevo a diventare madre, avevo perso il lavoro. Avevo tante domande che mi angosciavano: che valore ho ora che non faccio nulla? Cosa sto offrendo a mio marito? Come faremo al giorno d’oggi a vivere con uno stipendio e un figlio? Davvero la gravidanza è così incompatibile col lavoro?…e più di tutto non mi davo pace per lo sguardo che pensavo di suscitare in mio marito: pensavo di averlo deluso, di essere colpevole di aver perso un lavoro a causa della nostra gravidanza.
Ma proprio in questa quotidianità che stavo vivendo, mista di gioia e dolore, dono accolto e fallimento, valore e frustrazione, ho scoperto l’amore sponsale di Luca, che mi ha salvato, rigenerato, ridato valore e senso…e ha portato la nostra prima bimba a chiamarsi Benedetta, perché così è stata per la nostra famiglia, una benedizione!
Luca mi ha teneramente fatto comprendere con parole e gesti costanti che non valgo per ciò che faccio ma per ciò che sono, che lui sarebbe rimasto in ogni circostanza, che la nostra bimba era un dono e non la causa della perdita del lavoro, che il Signore non ti mette davanti una fatica se non per portarti un passo più in alto, per aprirti una porta più grande di quella che immaginavi.
Insieme e con l’aiuto di un caro frate abbiamo colto la differenza tra fare un pro-getto nella nostra vita, calcolato e controllato da noi, e accogliere invece una pro-messa di bene posta davanti a noi da Qualcuno che ci ha amati per primo e vuole il nostro bene.
Abbiamo imparato che la pace nel cuore vince anche sulla giustizia umana e il perdono permette di ricominciare a vivere in letizia!
Dentro questa vicenda ho toccato con mano quanto la verità dell’amore passi attraverso gesti quotidiani e concreti. Questa è per me la quotidianità dell’amore sponsale. Un amore che è sproporzione dell’amore, è “tutti i giorni”, ogni giorno coi suoi piccoli passi possibili!
Come lettura al nostro matrimonio avevamo scelto il passo in cui il servo di Isacco capisce che Rebecca è la moglie destinata a Isacco. La riconosce proprio dalla sproporzione del suo amore: si offre per dare da bere ai suoi 10 cammelli e, per una donna, raccogliere dal pozzo acqua abbastanza per dissetare 10 cammelli è un gesto sproporzionato d’amore, eccessivo quasi!
Il frutto di questo amore sproporzionato e quotidiano noi lo vediamo nel nostro migliorarci a vicenda: l’amore sponsale ci rende persone migliori, il matrimonio ci sta migliorando (e questa è la cartina tornasole anche quando cadiamo o le cose non funzionano: se non ci sta a cuore il bene dell’altro, che l’altro migliori e cresca, sto sbagliando qualcosa io e mi rimetto in discussione). Questo diventa possibile se ho consapevolezza di quel che sono, dei miei limiti e imperfezioni e, proprio per questo, riesco ad assumere anche il limite e l’imperfezione dell’altro come parte integrante della sua persona: accolgo te come sei, perché so come sono anch’io!
Un verbo che poi mi piace tantissimo della promessa è proprio quell’ “onorare” lo sposo: per me si può vivere in tanti modi, dal non parlare male del proprio coniuge anche quando col gruppetto di amiche si iniziano discorsi per denigrare i mariti, al preparare una cena con amore o custodire la casa come luogo accogliente e caloroso, al cogliere i gesti d’amore del coniuge e ringraziarlo. Vuol dire darsi l’un l’altro onore, profumo di re e regina, di sposo e sposa.
Conosco una donna, il cui marito la tradisce da anni, e che non parla mai male del marito ad amici e parenti (fa un suo percorso psicoterapeutico). Alla mia domanda “ma come fai a non dire mai nulla? A non sfogarti?”, lei mi disse una volta: “non voglio distruggere la sua persona agli occhi del mondo, perché se un giorno ritornasse a essere un bravo marito, non avrebbe i giudizi e gli sguardi degli altri che lo giudicano”. Anche questo per me è stato un esempio di saper onorare il proprio marito, in modo eroico certo.
Tutto questo Amore ha una meta ambiziosa: farci santi insieme! Il Papa ha detto che il sacramento del matrimonio non è solo un rito vuoto, un impegno, ma è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi!
Buon cammino quotidiano nell’amore!!!