Nel passo precedente abbiamo iniziato il nostro cammino cercando di capire quale fosse l’origine del pensiero di Giovanni Paolo II che sta alla base della Teologia del corpo e quali siano stati gli eventi precedenti e necessari alla sua diffusione.
Ora faremo un altro passo in avanti e inizieremo con il concetto fondante di tutta la teologia del corpo: il significato sponsale del corpo. Esso non è pienamente comprensibile se non è preceduto dall’osservazione di quelle che sono le esperienze originarie e primordiali dell’uomo, ovvero le esperienze che fondano ciascuna persona nella propria interiorità e che sono straordinariamente raccontate nei primi capitoli della Genesi.
1. Il linguaggio del corpo
Secondo Giovanni Paolo II
il corpo umano parla un «linguaggio» di cui esso non è l’autore. L’autore è l’uomo che, come maschio e femmina, sposo e sposa, rilegge correttamente il significato di questo «linguaggio»
(Giovanni Paolo II, Uomo e donna lo creò, CV.1-2, p. 403)
Le “esperienze originarie” dicono il reale significato del corpo solo se uomo e donna sono disposti a guardarsi con onestà, solo così è possibile comprendere correttamente il suo linguaggio: esse sono la solitudine originaria, l’unità originaria e la nudità originaria.
Questa “triade” si costruisce nel momento della creazione del primo uomo e dell’incontro con la prima donna. Sembra quasi che il primo sguardo tra i due abbia fatto conoscere all’istante tutte e tre queste esperienze, che nella realtà riguardano tre aspetti differenti della relazione di coppia: con la solitudine originaria si scopre l’unicità della persona di fronte a Dio da una parte e il resto del creato dall’altra, ma anche la necessità di essere in relazione con e per qualcuno per vivere.
In secondo luogo solamente l’unità del maschile e femminile dà la possibilità al superamento della solitudine come zona di morte e realizza quello che il Papa definisce “comunione di persone“, riflesso della comunione trinitaria.
Infine la nudità fa riferimento alla conoscenza piena e completa del significato del corpo, così come è stato voluto da Dio, una nudità data per accogliere in pienezza la diversità del maschile e femminile nel proprio particolare splendore.
La coppia umana riconosce queste tre esperienze nel momento del loro primo incontro: quando Adamo esclama “questa è carne della mia carne e ossa delle mia ossa“, egli non vede davanti a sé solamente un corpo di donna da possedere e di cui ne è il proprietario, ma vede il corpo femminile nella sua integralità di persona, con tutto ciò che il termine “persona” può definire.
Soprattutto vede una Donna che porta in sé il dono specifico della femminilità, donata all’Uomo perché esso comprenda la sua totale mascolinità. Il significato sponsale del corpo sta tutto qui: è riconoscersi come portatori di un dono specifico della propria sessualità (il maschile o il femminile) e particolare della propria persona (l’unicità davanti a Dio) che solo se messo in relazione con l’altro può definire in modo completo il proprio “Io” e farlo fiorire in tutta la sua bellezza e verità.
2. La vocazione degli sposi
Come sposi siamo chiamati a far brillare la Verità appena accolta, soprattutto siamo chiamati a realizzare in Terra lo sposalizio eterno di Dio con il suo popolo, la sua Chiesa. Giovanni Paolo II, per spiegare meglio questo grande mistero, riprende la lettera di S. Paolo agli Efesini in cui l’Apostolo descrive di che tipo debbano essere i rapporti coniugali, facendo quel famoso – e altrettanto discusso – invito alla sottomissione reciproca tra moglie e marito.
La sottomissione di cui parla l’apostolo Paolo si basa prima di tutto su una particolare modalità di stare di fronte al mistero di Cristo, ossia in un profondo rispetto per la santità definita come pietas, timore di Dio, fonte dell’essere vicendevolmente subordinati. Questa reciproca subordinazione «nel timore di Cristo» (Ef. 5,21) rende possibile la comunione di persone, immagine della Trinità dove la comunione è perfetta.
Qui il rapporto di Cristo verso la Chiesa Sposa è definito come quello di esserne «il capo», con il “compito” particolare di salvare il suo «corpo»: la Chiesa è infatti descritta come corpo dalle tante membra che ha come capo il Salvatore, è da Lui che si crea e sempre da Lui riceve sostentamento. Con la sua completa donazione, Cristo è diventato anche Sposo della Chiesa e, contemporaneamente, essa è diventata sua Sposa: l’amore redentore si trasforma in amore sponsale in cui, come gli sposi, Egli si è donato una volta per sempre.
Il Papa qui intravede la possibilità per il coniuge di elevare la propria sposa alla vera e propria santità, poiché sua missione è quella di avere cura del proprio corpo e di sostenerlo in ogni circostanza. Se poi è vero che capo e corpo formano insieme un unico soggetto, ecco che marito e moglie diventano congiuntamente un tutt’uno, un’unica carne al di là della possibile unione intima. Questa unità dei due però non è da confondere con la “fusione”: i due rimangono distinti l’uno dall’altra, ma, donandosi, ciascuno fa parte dell’altro.
Ecco dunque il primo aggancio che ci permette di introdurre la regolazione naturale della fertilità (RNF) in una dimensione, oltre che fisica, squisitamente spirituale, dove lo spirito in noi esulta, gioisce e gode.
La regolazione naturale della fertilità diventa per i coniugi un vero cammino spirituale, dove il linguaggio dei corpi è espressione della ricerca della Verità, reale preghiera e avvicinamento a Dio.
Perché è possibile affermare questo? Per Giovanni Paolo II, non ci sono dubbi, per diversi motivi.
Anzitutto, come già è stato sottolineato, il corpo ha un suo specifico linguaggio non solo esteriore ma anche interiore che, soprattutto nella donna, determina anche le azioni esterne: la regolazione naturale della fertilità tiene conto di questa armonia intrinseca e la fa propria, rendendo così visibile il significato sponsale del corpo attraverso la speciale ritmicità dei cicli femminili, si rende cioè visibile la verità oggettiva di questo linguaggio.
In secondo luogo la regolazione naturale della fertilità esprime la totale libertà dell’uomo e della donna: l’essere umano è per natura un essere libero dotato di raziocinio e tali sue caratteristiche sono straordinariamente sfruttate nell’ambito della propria sessualità. Infatti, solamente conoscendo le proprie caratteristiche psico-fisiche si è capaci di dominarle e usufruirne secondo la propria autodeterminazione, in altre parole, nel campo della sessualità il libero arbitrio realizza la paternità-maternità responsabile.
Solamente nel libero dono di sé è possibile incontrare l’altro nella sua verità, e, di conseguenza, è solo nel libero dono di sé che la coppia rende effettiva la presenza di Dio.
Infine la regolazione naturale della fertilità contiene in sé un valore etico che non è possibile separare. Nel momento in cui ciò potesse accadere, ossia quando la coppia si dovesse astenere nei periodi fertili senza una onesta e sincera giustificazione, esso diventerebbe solo un metodo tecnico e alquanto sterile. La dimensione etica riguarda il significato più autentico della sponsalità dei corpi: in gioco c’è la relazione che esiste tra dono reciproco dei coniugi e dono di Dio all’uomo, cioè la vera e propria partecipazione alla natura divina a cui gli sposi sono chiamati per la Grazia del sacramento ricevuto.
Essi cioè realizzano nella loro unione, attraverso la verità del linguaggio del corpo, la primordiale “immagine e somiglianza” di cui il Creatore ci ha dotati assieme alla sua benedizione sulla fecondità e quindi alla conseguente apertura alla vita. La giusta e assoluta comprensione del linguaggio del corpo avviene in ambito sessuale unicamente attraverso la regolazione naturale della fertilità: soltanto facendosi carico della verità oggettiva del linguaggio del corpo, la coppia è segno di questo mistero, rende cioè visibile l’Invisibile.
Ora…dopo aver ascoltato tutto, come vi sentite? Spaesate, incredule, gioiose, riconoscenti… Provate a scrivere le vostre emozioni, perplessità, dubbi, comprensioni, domande.
Prendetevi del tempo per guardarvi allo specchio, guardate il vostro corpo con uno sguardo di benevolenza, di misericordia (lo so è difficilissimo!!!… ok, in periodo mestruale siete esonerate!), senza però mettervi in posa ma nella corsa della quotidianità e degli imprevisti: vi piacete? Chiedete a vostro marito cosa vede lui con sincerità, e cercate di accogliere la bontà delle sue affermazioni.
Ascoltate il vostro corpo: provate a far risuonare in voi la prima Creazione, a sentire la bellezza della vostra unicità, nonostante le inevitabili ferite nascoste. Cosa sentite? Riprovate più volte, soprattutto se non siete abituate. Quali delle tre “esperienze originarie” sentite più vostra?
Buon lavoro! Ci si vede alla prossima tappa!