Ѐ inutile nascondersi dietro un dito: c’è un’alta probabilità che tuo figlio dopo la Cresima inizierà un graduale allontanamento dalla vita di fede.Perché dico questo? Numerose ricerche (*) ma anche semplicemente la nostra percezione entrando in Chiesa o avendo a che fare con le attività pastorali, ci possono confermare che intorno all’adolescenza, tra i 13 e i 16 anni, avviene un importante distacco dalla pratica religiosa.Perché accade? Quali sono gli elementi di criticità nel percorso di questi ragazzi? Come prevenire questo distacco? Quali esperienze possono portare i nostri figli ad un riavvicinamento? Proveremo, insieme, a rispondere a queste domande, non certo per dare chissà che magiche soluzioni, ma per cercare spunti di riflessione che ciascuno potrà estendere ed adattare alla propria situazione.
Il periodo in cui i giovani ricevono la Cresima, nella maggior parte delle realtà, è quello che corrisponde alla frequenza delle scuole medie. È il momento in cui i ragazzi cominciano a scoprire di più la vita e a sviluppare la propria personalità. Non è sbagliato porre il Sacramento della Confermazione in questa fase: è il momento di chiedere un passo in più a questi ragazzi che iniziano a gustare e a sperimentare la propria libertà di pensiero e di azione. Ѐ il momento in cui possono realmente compiere il passaggio da una fede ricevuta a una scelta personale. Ma (eh sì, c’è un ma, ovviamente) questa età segna anche l’inizio di una fase di contestazione e ribellione, in cui i pre-adolescenti iniziano a mettere in discussione i paradigmi educativi ricevuti e a testare la propria autonomia e le proprie iniziative.
Inutile dirlo, noi sappiamo che questo è un bene: sappiamo che il destino dei nostri figli non è “fare quello che dicono mamma e papà”, ma trovare la propria strada, camminare con le loro gambe, compiere le proprie scelte, trovare la loro vocazione, formare una nuova famiglia. Certo, questo comporta un travaglio lungo e doloroso, come sempre accade quando si viene il al mondo una persona.
Ed è in questo “travaglio”, in questa età di passaggio, che si pongono la fine del catechismo e l’avvento del Sacramento della Cresima. Sacramento che, quindi, nelle giovani menti dei nostri figli diventa il momento in cui, finalmente, possono decidere per sé, sganciarsi dagli “obblighi” del catechismo e della frequenza ecclesiale e allontanarsi da un’impostazione infantile della fede.
Sembra scontato, ma è importante dirlo: questo atteggiamento di rifiuto è molto più presente quando la precedente esperienza del catechismo è percepita come noiosa, ripetitiva, inutile. La prima sfida dovrebbe essere quindi quella di trovare modalità accattivanti di trasmissione della fede, che sappiano non solo attirare i bambini e ragazzi, ma siano soprattutto in grado di rispondere ai loro bisogni esistenziali e spirituali.
Non è sempre detto che le prassi pastorali, di cui noi laici non siamo in ultima analisi responsabili, permettano ai nostri figli di vivere esperienze positive e formative, ma se c’è qualcosa che possiamo fare è intervenire direttamente, con i nostri figli e nell’ambito delle nostre responsabilità.
Cosa fare allora, come genitori credenti? Come possiamo imparare a non delegare questo aspetto della crescita dei nostri figli? Sappiamo tutti quanto la preghiera sia essenziale: se in tanti modi sperimentiamo il graduale allontanamento dei nostri figli da noi e dalla fede, il Signore non si allontana e non li abbandona.
Ma, oltre a questo, non è possibile avvicinarsi alla Cresima in modo che il Sacramento venga compreso e vissuto per quello che, effettivamente, è? Il Sacramento della Confermazione rafforza la grazia battesimale e ci lega più strettamente alla Chiesa. Attraverso il dono di una forza speciale dallo Spirito Santo, è il Sacramento che ci dà la capacità di diventare pienamente testimoni di Cristo, diffondendo e difendendo la fede con le parole e le opere. (cf. CCC, 1285).
Il corretto e sano approccio a questo Sacramento, quindi, dovrebbe essere da parte dei ragazzi, delle famiglie e della comunità, quello che conduce a una presa di coscienza e a un graduale aumento della responsabilità e della partecipazione ecclesiale. I ragazzi dovrebbero percepire che il Sacramento verso cui si stanno incamminando non è una tappa “dovuta”, ma una scelta che li rende corresponsabili dell’opera della Chiesa. Attraverso il mio account Instagram ho avuto la fortuna di raccogliere alcune prassi virtuose – parrocchiali o familiari – che si pongono esattamente in questa direzione. Ecco quindi alcuni esempi:
- Differenziare il percorso
Come ovviare all’impressione da “fine percorso” tipica della Cresima? Un’idea è quella di differenziare la preparazione rispetto agli anni precedenti, magari facendo una proposta più “da grandi”, come ad esempio nella parrocchia di Rossella:
“A differenza degli anni precedenti di catechismo, ci incontravamo di domenica sera e gli incontri erano sui doni dello Spirito Santo di don Fabio Rosini. Gli incontri li facevamo a casa di una coppia di catechisti, si è creato veramente un rapporto di amicizia e fiducia e i ragazzi si sentivano a loro agio”.
- Chiedere una scelta personale
Uno degli ostacoli che più spesso porta i ragazzi ad allontanarsi dalla Chiesa, è il senso di “obbligatorietà” legato ai percorsi di catechismo. Per questo, soprattutto in questa fase, potrebbe essere una buona idea sottolineare l’importanza della scelta personale.
“Nella nostra parrocchia il sacerdote incontra uno a uno i ragazzi e chiede loro in un colloquio profondo e intenso di scegliere se desiderano davvero ricevere la Cresima. In questo modo si rendono conto che è una scelta importante, una scelta di campo: con Gesù o senza Gesù” Alessia
“Il Sacramento della Cresima arriva così, in automatico, come una tappa conclusiva di un lungo (e spesso ahimé poco apprezzato) percorso di catechismo. I ragazzi ci arrivano senza sceglierlo realmente. A noi non andava bene così. Abbiamo affrontato il discorso con nostra figlia, le abbiamo spiegato che cos’è la Cresima e che la scelta era sua. Le abbiamo spiegato molto bene che si trattava di una scelta che doveva prendere con serietà e impegno. Abbiamo pregato insieme e le abbiamo lasciato del tempo per riflettere. Lei ha scelto di fare la Cresima, ma l’ha scelto lei per davvero”. Lia e Gianluca
- Proporre un passo in più
Se il Sacramento della Cresima abilita i credenti a divenire parte viva e attiva della Chiesa, quale modo migliore di prepararsi se non aumentando proprio questa partecipazione ecclesiale e chiedendo un nuovo impegno nella carità e nella preghiera? Ѐ quello che accade nella parrocchia di Alessandro:
“Nella nostra parrocchia cerchiamo di introdurre i cresimandi anche alla vita di oratorio e proponiamo esperienze concrete di carità, perché la fede si dice, ma soprattutto si fa”.
E se questa possibilità non è presente nella parrocchia, nulla vieta di organizzarla come famiglia:
“Mentre nostro figlio si preparava alla Cresima, gli ho fatto la proposta di scegliere un impegno “da grande”: lui si è preso l’impegno di fare adorazione eucaristica ogni settimana. Un modo per fargli sperimentare una fede adulta, che sa vivere momenti di preghiera in autonomia”. Benedetta
Queste sono semplici idee, assolutamente non esaustive, di come possiamo noi per primi affrontare il percorso di preparazione dei nostri figli in modo che ci siano delle buone premesse. Certo, non è tutto qui. Si tratta di un punto di inizio, ma ciò non toglie che il rapporto dei nostri figli con la fede è un cammino che può essere irto di ostacoli, e che necessita di tanti strumenti per essere affrontato.
Continuate questo viaggio, per scoprire altre idee nate dalla condivisione di molti genitori come noi.
…to be continued.
(* Eurisko 2015, Toniolo 2017, Ipsos 2020)