Commento agli articoli 355-421 del Catechismo della Chiesa Cattolica.
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Proseguiamo il nostro percorso all’interno del Credo.
In chi crediamo?
In un Dio che si è presentato, in un Dio dell’impossibile, in un Dio che ci ha voluto. E, ancora di più, ci ha voluto a Sua immagine. Per noi tutte le cose sono state create e la nostra salvezza è prioritaria, tanto che Dio arriva a sacrificare Suo Figlio.
E ci ha voluti maschio e femmina. Essere uomo e donna è cosa buona, voluta da Dio proprio perchè siamo fatti a Sua immagine, e Lui è Padre e Madre.
Gli umani sono immagine di Dio, ciascuno di loro nell’umanità di cui fa parte, in sé sono uniti e si completano accettando la differenza reciproca. […] La sessualità è positiva e Dio vuole che l’uomo e la donna insieme portino a compimento l’opera di umanizzazione: creati a immagine di Dio, devono diventargli conformi, somiglianti.
Enzo Bianchi
Dio ci ha quindi voluti uno per l’altro; non come “metà della stessa mela”, ma per una comunione nella quale ognuno può essere d’aiuto all’altro diventando, nel matrimonio, una sola carne e cooperando all’opera del Creatore.
Due quindi le prime sottolineature:
1. Il mio compito verso il mondo
Nel disegno di Dio, l’uomo e la donna sono chiamati a dominare la terra come “amministratori” di Dio. Questa sovranità non deve essere un dominio arbitrario e distruttivo. A immagine del Creatore, “che ama tutte le cose esistenti” (Sap 11,24), l’uomo e la donna sono chiamati a partecipare alla Provvidenza divina verso le altre creature. Da qui la loro responsabilità nei confronti del mondo che Dio ha loro affidato.
CCC, 373
Tutti noi sicuramente ci siamo interrogati sugli ultimi fatti relativi all’ambiente: il riscaldamento globale, l’inquinamento, il riciclo…
Non c’è impegno, pur buono, che tenga nel tempo se non quello che io prendo di fronte al buon Dio (evidentemente perché mi sostiene nel compierlo, non per un mio bigottismo). Siamo chiamati a partecipare alla Provvidenza! Siamo chiamati a mantenere uno dei doni che ci è stato fatto! I dati scientifici ci vengono forniti, le trasmissioni televisive abbondano sulla scia di attivismi che sono fini a se stessi. Ma sapere la vera ragione per cui è nostro compito (e un compito viene affidato, mica ce lo prendiamo di nostra iniziativa!) “amare tutte le cose esistenti” – perché siamo fatti esattamente come Colui che le ha create – beh… forse questo potrà durare di più nel tempo ma soprattutto ci fa andare alla radice e all’origine del problema. Il cristiano non è colui che tende ad un ecologismo fine a sé stesso, ma colui che mette al centro Dio e quindi trova il “giusto posto” anche all’uomo: non padrone ma custode del creato. E allo stesso tempo, non salvatore dell’ambiente, ma amministratore di un bene che da Dio viene e a Dio torna.
2. Dio ci ha posti nel paradiso
Il primo uomo non solo è stato creato buono, ma è stato anche costituito in una tale amicizia con il suo Creatore e in una tale armonia con se stesso e con la creazione, che saranno superato soltanto dalla gloria della nuova creazione in Cristo. […] La grazia della santità originale era una partecipazione alla vita divina.
CCC, 374-375
Oddio, un po’ di rabbia verso Adamo ed Eva in questo momento mi è venuta…
Dio ci ha creati in un intimo rapporto di amicizia con Lui, belli come Lui, in armonia con noi stessi e con tutta la creazione (sì… anche con quello che sarebbe stato il nostro collega insopportabile!)… si partecipava alla vita divina… non sentite un sottofondo di pace? Vi immaginate quanto bene ci deve volere Dio per metterci in quella condizione “di figli di Re”? E poi arrivano loro, i privilegiati, e tutto crolla.
L’uomo era integro e ordinato in tutto il suo essere, perché libero dalla triplice concupiscenza che lo rende schiavo dei piaceri dei sensi, della cupidigia dei beni terreni e dell’affermazione di sé contro gli imperativi della ragione.
CCC, 377
Dio ci ha messi nel giardino (forse non è il posto più bello di una abitazione?), dove il nostro lavoro non è una fatica,
[…] ma la collaborazione dell’uomo e della donna con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile.
CCC, 378
Il peccato
Ora, a me, ma spero anche a voi, una domanda su Adamo ed Eva è venuta: “ma perché? Perché ha permesso tutto questo? Perché non glielo ha evitato? Perché ha messo loro nel cuore questo desiderio di dominio?”.
Che poi è la domanda universale che gli uomini si sono sempre posti: se ci ami, perché permetti il male?
E io, sinceramente, una mezza risposta speravo anche di trovarla in questo Catechismo! O meglio, speravo di trovare ciò che io pensavo, ovvero “Dio permette il male per questo motivo:…”.
E invece il paragrafo 7 ancora una volta scardina la mia visione limitata.
Il punto centrale non è ancora il peccato, che ci sarà e con cui dovremo fare seriamente i conti. Il punto centrale è l’amore di Dio: capisci di essere nell’errore per la sovrabbondanza di grazia che hai sperimentato in precedenza e con cui ti puoi mettere in paragone.
[…] La rivelazione dell’amore divino in Cristo ha manifestato ad un tempo l’estensione del male e la sovrabbondanza della grazia. Dobbiamo, dunque, affrontare la questione dell’origine del male, tenendo fisso lo sguardo alla nostra fede su colui che, solo, ne è il vincitore.
CCC, 385
In effetti è così per tutti noi: sappiamo subito quando abbiamo fatto qualcosa che non andava fatto perché nel nostro intimo scatta subito l’esperienza d’amore che ci ha generato. Sentiamo lo scarto.
Questo abuso di libertà che Dio ci ha donato per amarlo ed amarci reciprocamente ci viene permesso.
Perché?
Il catechismo ci dice che non è comprensibile agli uomini, ma ci dice anche che non è importante questo, quanto cosa ne fa Dio di questo peccato: lo trasforma in cosa buona per me!
Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio.
Rm 8,28
L’uomo che ha preferito se stesso a Dio, che si è anteposto a Dio, che ha distrutto l’armonia in cui era stato posto; quell’uomo che ha introdotto nella sua vita la morte,
[…] non è stato abbandonato da Dio. Al contrario, Dio lo chiama, e gli predice in modo misterioso che il male sarà vinto e che l’uomo sarà sollevato dalla caduta.
CCC, 410
E infatti questo primo capitolo si conclude con una bellezza salvifica, citando San Tommaso d’Aquino:
[…] Nulla si oppone al fatto che la natura umana sia destinata ad un fine più alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i mali per trarre da essi un bene più grande. Da qui il detto di San Paolo: “Laddove il peccato abbonda, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5,20). Perciò nella benedizione del cero pasquale si dice: “O felice colpa, che ha meritato un tale e così grande Redentore!”
CCC, 412
Buona lettura e… vi aspettiamo al prossimo appuntamento con #ilcatechismoinunanno!