Commento agli articoli 571-630 del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Per i precedenti articoli su #ilcatechismoinunanno clicca qui.
Oggi ci addentriamo nel centro della fede e dell’annuncio cristiano: il mistero Pasquale. E la domanda a cui cercheremo di rispondere è “perché è morto Gesù?”
Le circostanze storiche della morte di Gesù
Nel corso della sua missione Gesù incontra gradualmente una crescente avversione di molti in Israele, sostanzialmente per tre motivi:
1. Il suo rapporto con la legge
Gesù non abolisce, ma dà compimento alla legge, parlando con un’autorità nuova. Lui è l’unico che può osservarla nella sua integralità, perché la legge abita il suo cuore. Perché lui è la Legge.
2. Il suo rapporto con il Tempio
Gesù ha grande rispetto per il tempio, in quanto è la casa del Padre, il luogo della presenza di Dio. Eppure ne profetizza la distruzione. Egli dimostra così di essere lui stesso la dimora definitiva di Dio in mezzo agli uomini.
3. Il suo rapporto con la fede in un Dio unico
È soprattutto questo il tasto dolente, l’aspetto che condurrà in modo inesorabile Gesù alla condanna a morte: il suo identificarsi con Dio, attraverso il suo ruolo nella redenzione dei peccati.
Gli ebrei, infatti, vedono come uno scandalo non solo l’atteggiamento misericordioso di Gesù nei confronti dei peccatori, ma soprattutto la sua pretesa di perdonare i peccati, in quanto solo Dio può farlo.
È soprattutto perdonando i peccati, che Gesù ha messo le autorità religiose di Israele di fronte a un dilemma. Infatti, come costoro, inorriditi, giustamente affermano, solo Dio può rimettere i peccati. Perdonando i peccati, Gesù o bestemmia perché è un uomo che si fa uguale a Dio, oppure dice il vero e la sua Persona rende presente e rivela il Nome di Dio.
CCC, 589
Per poter comprendere quanto Gesù rivela di sé e di Dio, però, è necessario un passaggio di conversione, una misteriosa morte a sé stessi per una rinascita dall’alto (CCC, 591) che il Sinedrio non ha saputo fare.
2. La morte salvifica di Gesù
Ci addentriamo ora nella parte più interessante, cercando di rispondere alla nostra domanda “perché è morto Gesù“, non tanto pensando alle circostanze storiche, bensì chiedendoci perché è dovuto morire. Perché era necessario che lui morisse perché noi fossimo salvi? In altre parole: qual è la portata salvifica di questa morte? E in che senso possiamo dire che la morte di Gesù avvenuto 2000 anni fa porta salvezza a noi oggi?
Questa è una cosa che, dirò la verità, ho sempre fatto un po’ fatica a capire. Forse perché cercare di comprendere in che senso la morte di Gesù sia salvifica, attraverso la sola ragione, non ci permette di entrare realmente nel mistero.
Un mistero che possiamo cogliere soltanto nella contemplazione.
I numeri 609 e, in particolare il 616 del Catechismo, ci propongono questa frase: lì amò sino alla fine.
È lì che si cela il segreto, il motivo per cui questa morte è una morte salvifica. Amare sino alla fine, infatti, non indica semplicemente un amore che arriva alla fine in senso temporale (Amati fino alla fine della sua vita) bensì un amore totale, consumato, speso pienamente. Gesù ha amato con tutta l’intensità dell’amore, e con tutto l’amore di Dio Padre.
È Gesù in quanto persona divina che ama i suoi. È Gesù un quanto persona divina che accetta di morire. È Gesù in quanto persona divina che – innocente – muore perdonano e amando i peccatori che lo stanno crocifiggendo.
E, in quanto persona divina, egli supera e nel medesimo tempo abbraccia tutti i tempi, tutte le persone, tutti i singoli esseri umani.
È quello che ha compreso pienamente San Paolo che, nella lettera ai Galati, dice:
Mi amato e ha consegnato se stesso per me.
Gal 2,20
È questo il passaggio che noi dobbiamo fare: da “Gesù è morto per tutti” a “Gesù è morto per me”.
Credo che questa sia una grande verità, che possiamo comprendere solamente nella contemplazione del mistero, perché se è vero che Gesù, in quanto Dio, può rendere attuale e presente la sua morte – e gli effetti salvifici della sua morte – nella mia vita di oggi, è vero anche il contrario. La mia vita di oggi, la mia persona può essere attuale, presente, alla morte di Gesù.
Possiamo realmente, nella contemplazione del mistero, nella celebrazione dell’Eucarestia, nell’adorazione eucaristica, nella preghiera, essere presenti sul monte Calvario, possiamo realmente essere presenti alla morte in croce di Gesù, vedere il suo sangue versato, sentire che la sua è una morte che vale per noi.
Questa è l’esperienza dei grandi Santi, come ad esempio San Francesco. Nella sua prima biografia si legge, infatti:
Mentre San Francesco pregava ed era tutto assorto in Dio gli apparve Gesù Cristo come inchiodato alla Croce. A tal vista l’anima sua si sciolse in pianto e il ricordo della passione di Cristo penetrò così profondamente nelle fibre del suo cuore che d’allora in poi, quando gli tornava alla mente il pensiero della crocifissione di Gesù, difficilmente poteva trattenere le lacrime.
San Bonaventura, Leggenda Maior
Sia proprio questa la nostra esperienza, sia proprio questo il nostro modo di pensare a Gesù in croce.
Il grande passaggio che posso dire di aver fatto nella mia vita di fede è stato rendermi conto che quel sangue versato è stato versato per me.
Pensare che se io, quel giorno, fossi stata l’unica persona esistente al mondo, Gesù si sarebbe offerto in croce per la mia salvezza, per i miei peccati.
Credo che la grande conquista della fede sia riuscire a dire (e a credere): io valgo il sangue di Cristo.