Commento agli articoli 198- 260 del Catechismo della Chiesa Cattolica.
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Oggi ci addentriamo nella seconda sezione del Catechismo della Chiesa Cattolica. Una sezione che ci riporta alla nostra professione di fede.
Negli articoli che andiamo a commentare del primo capitolo mi è balzata all’occhio un’analogia tra il metodo di Dio e quello che accade anche nella nostra vita. Dio parla proprio un linguaggio umano e desidera renderci partecipi del suo Essere tanto da pensare per noi le stesse modalità di conoscenza che adotta per se stesso.
1. Il nome di Dio
Dio si presenta a Mosè. Si presenta con un nome: YHWH, “io sono Colui che sono”.
Rivelando il suo nome misterioso di YHWH, “io sono colui che è” oppure “Io sono colui che sono” o anche “Io sono chi Io sono”, Dio dice chi egli è e con quale nome lo si deve chiamare. […] E’ a un tempo un nome rivelato e quasi il rifiuto di un nome; […] Egli è il Dio nascosto, il suo nome è ineffabile, ed è il Dio che si fa vicino agli uomini.
CCC, 206
Strano come nome, incomprensibile nella sua essenza. Sembra quasi che Dio non voglia dire esattamente chi è. Ci aspettavamo forse un nome “normale”. E invece dice tutto di sè: io sono. Sono qui, presenza. In questo momento e in eterno.
Perché ci dice un nome che non svela?
Se lo comprendessi, non sarebbe Dio
S. AgostinoDi fronte alla presenza affascinante e misteriosa di Dio, l’uomo scopre la propria piccolezza.
CCC, 208
Anche io, creatura finita, porto questa impronta di infinito in me.
Anche io ho un nome, e con questo nome mi presento. È la dinamica della conoscenza: può anche essere che io mi sia mostrata con opere e azioni alla gente (generica), ma quando incontro davvero qualcuno la prima cosa che faccio è dire il mio nome. Perché il nome ti identifica e insieme al cognome, oltre a renderti unico, dice anche di chi sei.
Ma il nome non è sufficiente. Non svela completamente chi sei. Non permette di comprenderti completamente. In realtà, non ci comprenderemo mai completamente fino a quando “tutto sarà chiaro”.
2. Dio è eterno scambio di amore
Dio si rivela per piccoli passi: prima dice chi è (Padre), lasciando un bell’alone di mistero, poi si incarna (Figlio) e infine manda lo Spirito Santo.
[…] Mandando nella pienezza dei tempi, il suo Figlio unigenito e lo Spirito d’amore, Dio rivela il suo segreto più intimo: è lui stesso eterno scambio d’amore: Padre, Figlio e Spirito Santo, e ci ha destinati ad esserne partecipi.
CCC, 221
Non è forse ciò che succede nell’innamoramento?
Dico chi sono, svelando un po’ del mio essere, poi inizia una frequentazione più assidua, nella concretezza della quotidianità, più fisica, dove si inizia a vedere come si comporta l’altro, come agisce, cosa propone, in cosa crede. E alla fine c’è il dono dell’anima. Un passo alla volta. Piccoli passi possibili, direbbe Chiara Corbella Petrillo.
Colpisce che il metodo con cui Dio si presenta a noi è esattamente quello che noi facciamo con gli altri. Non vorrei sembrare riduttiva, ma sembra proprio che voglia farci capire che siamo destinati all’eterno e che siamo suoi figli. E un figlio non ha forse la possibilità di seguire ciò che in casa ha visto, sperimentato, sentito?
3. Dio è Padre e Madre
Chiamando Dio con il nome di “Padre”, il linguaggio della fede mette in luce soprattutto due aspetti: che Dio è origine primaria di tutto e autorità trascendente, e che, al tempo stesso, è bontà e sollecitudine d’amore per tutti i suoi figli. Questa tenerezza paterna di Dio può anche essere espressa con l’immagine della maternità, che indica ancor meglio l’immanenza di Dio, l’intimità tra Dio e la sua creatura. […] Dio trascende la distinzione umana dei sessi.
CCC, 239
Dio è Padre e Madre, ecco perché i genitori sono per l’uomo i primi rappresentanti di Dio!
Ricordo un sacerdote, a cui stavo parlando dei miei figli e delle difficoltà di crescerli preservando il rapporto con mio marito, che mi disse: “Siete legati a doppia mandata a Dio, non dovete temere, perché siete compartecipi della creazione”.
Padre, Figlio e Spirito Santo sono tre persone distinte, ma un Dio solo.
Le Persone divine sono realmente distinte tra loro. “Dio è unico ma non solitario”. “Padre”, “Figlio” e “Spirito Santo” non sono semplicemente nomi che indicano modalità dell’Essere divino; essi infatti sono realmente distinti tra loro: “Il Figlio non è il Padre, il Padre non è il Figlio, e lo Spirito Santo non è il Padre o il Figlio”. Sono distinti tra loro per le loro relazioni di origine: “E’ il Padre che genera, il Figlio che è generato, lo Spirito Santo che procede”. L’unità divina è Trina.
CCC, 254
Difficile da comprendere, forse umanamente impossibile.
Eppure anche qui Dio ha voluto renderci un pochettino partecipi di questa dimensione terrena ed eterna: nel matrimonio abbiamo due monadi che, per opera di Dio e con la Sua partecipazione, diventano una cosa sola. L’opera divina rende possibile questa unitarietà nella diversità.
Buona lettura e… vi aspettiamo al prossimo appuntamento con #ilcatechismoinunanno!