Sono Davide. di 56 anni, sposo dal 2000 e in condizione di separazione da quasi 6 anni, dopo 17 di vita condivisa. Sono nate 2 figlie, ora di 21 e quasi 18 anni. Permane doloroso scriverne tuttora.
Uscire da casa.
Il momento iniziale della separazione mi ha visto uscire di casa d’improvviso nel gennaio 2018, sotto la pressione di mia moglie e di suo padre, che aveva imposto la sua convivenza dentro casa nostra. C’era già una situazione di difficoltà personale di mia moglie e suoi rapporti ambivalenti con la famiglia d’origine. E c’era una crescente difficoltà di empatia e vicinanza umana nella nostra relazione matrimoniale, non so ancora in che misura dipendente dai vissuti di mia moglie, oltre che dai miei e suoi limiti umani, amplificati dalle fatiche con i figli piccoli. Questa premessa non toglie nulla al senso di fallimento umano che ho percepito chiaramente dal momento della separazione. Pur se, da parte mia, subito tramutatosi in piena responsabilità genitoriale, anche necessitata dalla situazione grave. A ben vedere l’uscita stessa di casa, forzata e spinta da mia moglie e suo babbo, ha rappresentato per me una scelta di responsabilità genitoriale, per preservare le figlie da un conflitto familiare aperto, con carattere di pericolosità ed esplosività. Ed anche lo è stato il lasciare loro casa familiare, camera da letto, luogo di studio…in due parole più stabilità possibile. Ho provato subito, dalla mattina successiva, a conservare continuità di relazione, iniziando ad accompagnare le figlie a scuola singolarmente, a giorni alterni. E’ durata una decina di giorni. Mi è stato detto prima di non salire più le scale, poi di non entrare neanche dal cancello , poi sono state cambiate le chiavi di casa e del cancello. Intanto è stata fatta una denuncia penale per maltrattamenti in famiglia, e nel contempo si è contrastata nei primi 4-5 mesi ogni possibilità di accordo giuridico di separazione proposto dal mio avvocato. E tantomeno vi è stato accordo di fatto.
Il vuoto totale.
Infatti quasi subito ho cominciato a vedere le figlie sempre meno tempo (alla fine 2 pomeriggi nell’ultimo mese). Poi basta. Mia moglie ha rifiutato a fine agosto 2018 l’unica vacanza estiva che il mio avvocato era riuscito a strappare all’avvocato di mia moglie (in realtà di mio suocero, mia moglie non ha neanche avuto contatti reali con questo avvocato). Qualche giorno prima mi ha scritto che ‘le ragazze non si sentono di venire’ (avevano 15 e 12 anni) e di non presentarmi più a casa. Non ho forzato presentandomi il giorno di inizio vacanza, avvertendo le figlie la sera prima che ‘la mamma preferisce non veniate in vacanza ed io non la voglio contrastare, preferisco rimandare’. Cercavo ancora di salvare tutto insieme. L’avvocato loro non si è più fatto trovare neanche dal mio avvocato per qualche mese, ricomparendo poi con una breve comunicazione che indicava ogni interruzione dei contatti per qualsiasi forma di accordo.
Il vuoto totale da settembre 2018. Sempre con il peso notturno della denuncia sulle spalle.
Ho provato una telefonata al fisso di casa, ma le figlie risposero a monosillabi, rigide e bloccate, e sotto si sentiva la presenza di mia moglie. La piccola piccola era senza cellulare …alla figlia grande mandavo messaggi subito prima e subito dopo dell’orario scolastico, sperando li leggesse senza controllo e li eliminasse. Nel dubbio usavo un linguaggio affettivo, ma anche attento ad essere inattaccabile giuridicamente. Ma le risposte erano sempre più saltuarie, di poche parole, e senza il minimo aggancio o prospettiva. In ogni messaggio le chiedevo sempre di salutarmi la sorella piccola (non so se lo abbia mai fatto). Inizia l’oblio …. mai più viste e sentite per 10 mesi…Natale e Pasqua …nulla
Cosa fare? Come fare in modo che le figlie potessero avere un qualsiasi contatto e relazione, anche minima, col loro babbo?
Tentativi umani.
Primo tentativo un’ultima proposta di accordo inviata dal mio avvocato, chiedeva solo un pomeriggio a settimana (dalla scuola a prima di cena) insieme ad entrambe le figlie. Un pomeriggio e basta, per anni, fino alla maggiore età…pur di fare in modo che vedessero il loro babbo con continuità. Nessuna risposta.
Poi due mesi spesi con 2 lettere raccomandate a mia moglie, con contenuti espressi un po’ affettivi per lei, un po’ pieni di ammissioni di mancata empatia per la sua situazione personale (eccedendo a mio carico pur di farle scattare un senso di umanità)…e soprattutto per valorizzare la necessità delle figlie di avere relazioni con entrambi i genitori, per una crescita meno squilibrata possibile. Raccomandate AR non ritirate e restituite al postino.
I Carabinieri sotto casa? No, ho sempre sentito che dopo l’eventuale incontro forzato in presenza dei Carabinieri ( che spontaneità poi, e che libertà avrebbero vissuto le figlie…e poi ‘le indicazioni’ della mamma e del nonno materno dopo la visita?) . Ci sarebbe comunque stato un giorno seguente, e poi un altro…la vita quotidiana, ordinaria….avrei dovuto richiamare i Carabinieri ogni volta?
E poi io ero sotto indagine per la denuncia, ricordate? (vi risparmio i tecnicismi, ma per questi reati non si ha accesso a nulla, neanche al proprio casellario giudiziale)
I figli.
Passano i mesi, mia figlia minore accumula assenze scolastiche (48 in un anno in II media – a 50 c’è la bocciatura di legge, mi disse la Preside). Viene accompagnata a scuola dal nonno materno, mai altre uscite con amiche, mai bicicletta, sport, attività. Non viene mandata in gita scolastica (1 settimana bianca a febbraio), unica della sua classe. Premo sulla pediatra per non assentire la malattia richiesta, ma mia moglie allora mi scrive che ‘è stanca e non ha le energie per andare’. La mia rabbia sale sempre più.
Intanto della figlia grande sostanzialmente non so nulla…. non risponde più ai messaggi, che continuo a mandarle in modo breve, affettivo, costante ma non insistente (2 a settimana). Niente da fare, buio totale. E’ interamente piegata sul vissuto materno, si è alleata per sopravvivere più possibile tranquilla.
Non potevo più recuperare la relazione con mia moglie, e con essa salvare famiglia e figlie. Ho capito che serviva dare a mia moglie la libertà che chiedeva, quella di distruggere la famiglia e ripartire come nuova ragazza cinquantenne. Voleva cancellare la parte familiare della sua vita, quella con me. Dovevo lasciarglielo fare, per poter riuscire nella stesso tempo a metterla in secondo piano dentro di me …e così mettere a fuoco pienamente le figlie, il loro interesse (nel senso di ‘interesse del minore’, principio unico di riferimento del diritto di famiglia).
Nella primavera 2019 ho fatto ricorso per separazione giudiziale. Esclusivamente per tutelare le figlie, sperando che potessero così aver accesso ad entrambi i genitori (per nessun altro motivo – anche perché non c’erano case o beni da dividere – la casa familiare era tutta di proprietà di mia moglie, cedutale prima del matrimonio da suo babbo, militare benestante)
‘Se mi muovo, smuovo’ mi disse uno psicologo. Così è stato. Grazie al Cielo che mi ha sostenuto nel buio, ai miei genitori (che mi hanno accolto in casa senza pressioni)… ed anche alla laurea in giurisprudenza (mai avrei pensato che mi servisse proprio ora per comprendere i passaggi…e resistere nel tempo).
Nel contempo è arrivata l’archiviazione penale al termine delle indagini (per l’insussistenza del fatto). Le spalle si sono un po’ raddrizzate…e pensare che avevo fatto la tesi di laurea sull’affidamento dei minori…più che un peso in meno per me l’archiviazione è stata la chiave per poter pensare di accedere nuovamente alle figlie…potevano ancora avere un padre vicino..
Ma ciò non è bastato perché all’inizio del procedimento giudiziale civile ci fosse un affidamento condiviso, poiché il giudice nell’ordinanza provvisoria ha lasciato le figlie dove erano e le ha affidate alla mamma (sempre con mio suocero convivente, come padre surrogato delle sue nipoti…ma i nonni per i giudici non contano…oppure, se non sono pedofili conclamati, contano solo come figure tendenzialmente positive…).
Il giudice però fa intervenire i servizi sociali, avendo compreso che il contesto di vita delle figlie non era ‘centrato’, per usare un eufemismo. Così all’inizio mi fanno incontrare le figlie presso i Servizi Sociali, unico luogo neutro possibile. Ma mia moglie e suo padre perseverano, e dopo qualche incontro (che evidentemente aveva aperto spiragli nelle figlie) non portano più le figlie agli incontri con me.
Ma questa volta le conseguenti relazioni dei servizi sociali riattivano il giudice civile (relazioni ‘super caute’, ma l’evidenza parlava da sola). Il quale dispose una perizia tecnica d’ufficio (CTU – fatta da uno psicologo clinico) sulla Responsabilità Genitoriale di ciascun genitore.
Periodo duro e faticoso, soprattutto per le figlie, ma necessario e decisivo. Dura 8 mesi, molti incontri singoli e intrecciati (chiusi in uno studio con la mascherina), …chissà che male dentro hanno provato le figlie, che certo pensavano che i genitori fossero lì a contendersele…e poi tornavano a casa in macchina con la mamma ed il nonno paterno…chissà quali ‘riletture’…
Infine la relazione finale inviata dal CTU al giudice, che attesta il rifiuto di mia moglie in tutta la vicenda ad assumersi la propria responsabilità genitoriale nei confronti delle figlie. Rifiutando ogni accordo con me per fare il modo che avessero relazioni stabili con entrambi i genitori.
La sentenza finale del 2021 affida mia figlia minore (arrivata al tempo a 15 anni) interamente a me, con facoltà di mia moglie di incontrare la figlia presso i servizi sociali (rovesciando l’affidamento provvisorio).
Da quel giorno io e la figlia minore viviamo insieme, in un appartamento che ho preso in affitto. Libertà, responsabilità, fiducia ed autonomia sono le forme paterne che sto cercando di valorizzare insieme a lei. Oggi alle soglie dei 18 anni…la china è in salita, ma sta riappropriandosi della sua vita adolescenziale…e delle relazioni con i coetanei in vari contesti…
Purtroppo per la figlia grande tutta la vicenda giuridica non ha potuto incidere in nulla rispetto alla relazione paterna. Al tempo della perizia del Tribunale aveva appena compiuto 18 anni, ed era stata estromessa da ogni considerazione e valutazione essendo diventata maggiorenne. Tutto il quadro di vita ed esistenziale accertato negli atti per la figlia minore è come se fosse inesistente per la figlia maggiore. Lo stesso quadro di vita, ma non considerato in nulla per la figlia maggiore. Tutto inutile per lei. Vittima dei suoi genitori separati, del suo nonno materno, e dell’interpretazione stretta da parte degli operatori sociali e del diritto.
E’ andata a finire che da quel momento fino ad ora (21 anni) sono passati tre anni senza vederla. Non ha più risposto ai messaggi, bloccandomi (spero e credo che li legga…io le scrivo sempre, tenendo 1 volta a settimana…e copio sempre il wz su sms…).
Positivamente ha ripreso ad incontrare la sorella, si sentono e trovano (anche con l’unica cugina) nel luogo della loro infanzia serena, la casa dei nonni paterni (dove ora vanno a trovare mio babbo 90 enne, mia mamma è morta nel frattempo). Sono momenti belli fra loro (mio babbo mi racconta), organizzati dalle figlie stesse.
E’ stata dura far capire a mio babbo che io non dovevo esserci ai loro incontri, neanche a sorpresa, perché le uniche speranze nella relazione futura con mia figlia maggiore sono affidate al linguaggio della libertà, che è amore vero. Compro da mangiare in rosticceria e lo porto la sera prima dal mio babbo, e le ragazze lo scaldano al microonde (scelgo sempre le patatine che piacciono tanto a mia figlia maggiore)
Il mio tempo traumatico delle separazione è ormai superato, ma le fratture umane sulle figlie rimangono tuttora gravi, e cariche di potenziali conseguenze negative nel futuro…non ci sono certezze, anzi per la figlia maggiore ho paure esistenziali di fondo.
La Fraternità
Vorrei ora rivolgermi a voi guardando la separazione dall’angolo visuale delle figlie, per quello che il tempo mi sta aiutando ad elaborare. E’ la parte che sento essenziale e specifica della mia storia, quella del conflitto genitoriale che ricade sulle figlie.
E anche per non ripetere quanto già espresso dai miei amici della Fraternità Sposi per Sempre, di cui mi auguro abbiate già letto le preziose testimonianze, ciascuna col suo angolo di lettura specifico maturato negli anni di separazione.
La separazione e la ricaduta sui figli
Così vi porto per punti le mie prese di coscienza e consapevolezze della separazione rispetto ai figli
– la separazione dei genitori è sempre sentita dai figli come un male
– la condizione della coppia che si separa è strutturalmente diversa dalla condizione dei loro figli. I genitori si separano ciascuno dall’altro da sé. Mentre i figli vengono divisi nel loro sé. Per i figli paragonerei la separazione ad un’onda sismica devastante che divide la superficie terrestre aprendo una voragine nella terra stessa.
– la responsabilità dei figli nella separazione è sempre pari a 0. La responsabilità è al 100% della coppia considerata nel suo insieme. Le distinzioni di responsabilità fra i coniugi esistono, ma ai figli non interessano e comunque per loro non rilevano. E se crescendo verso l’età adulta le vedono e comprendono con l’intelletto, non le distinguono mai col cuore.
– scegliendo la separazione coniugale anche il peggior accordo consensuale, condiviso e non estorto, e soprattutto rispettato da entrambi, per i figli è meglio della separazione giudiziale. Ma ove non ci sia accordo consensuale la tutela giudiziale dei figli è necessaria, ed è sempre meglio del conflitto di fatto senza tempo fra i genitori, con i figli in balia dei rispettivi rami parentali.
– il ruolo naturale di mamma e babbo sono ruoli incancellabili nell’essenza profonda dei figli, qualunque siano le ferite e gli abbandoni. Questo corrisponde pienamente alla realizzazione della natura umana e, per chi crede, riflette la creazione divina
– una distorsione importante dell’equilibrio psicologico ed affettivo dei figli avviene quando un coniuge esercita la cosiddetta Alienazione Genitoriale (o parentale). Ci sono due connotati essenziali dell’alienazione, entrambi rivelatori di assenza di responsabilità genitoriale ed inadeguatezza educativa:
* impedire ai figli la relazione effettiva ed i contatti con l’altro genitore. Tecnicamente è violazione assoluta dell’interesse del minore, come stabilito dal diritto di famiglia (art 337 ter del codice civile):
“Il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi…”
* destrutturare con vari comportamenti denigratori e colpevolizzanti l’immagine dell’altro genitore nel figlio. In questo caso il figlio subisce una violenza psicologica, di varia gravità. E’ sotto ricatto, se apre al genitore alienato perde affettivamente il genitore alienante. Gli scopi di tale atteggiamento sono vari e sono stati approfonditi da studi psicologici, ma non è possibile dilungarsi qui. Essenzialmente il genitore col minor legame empatico ed affettivo con i figli può usare l’alienazione in condizione di separazione per confermare sé stesso ed accreditarsi ai loro occhi come il genitore di riferimento affettivo esclusivo. Implicito in tale comportamento è l’uso dei figli per la distruzione umana del partner rifiutato o perso; rancore e vendetta i sentimenti emergenti.
Difficile fermarsi. Mi appello a chi è ripiegato sui suoi figli. A chi non si sente arco da tendere, e non sente i suoi figli come frecce da lanciare. I figli non solo sono esseri unici ed irripetibili, ma soprattutto non sono i nostri. Sono della vita ed appartengono alla famiglia umana. La loro strada ed il loro destini sono altri rispetto a quelli dei genitori. Per chi crede sono figli del Cielo, ed appartengono alla grande famiglia dei Figli di Dio.
Catechesi di Mons. Renzo Bonetti 28 settembre 2019 – Solo nella fede si capisce il vivere da separati fedeli