Trentina di nascita, Chiara Lubich in realtà si chiamava Silvia. Sua madre era cattolica mentre il padre non era credente.
Quando a Trento arrivò la guerra e la città fu colpita dalle bombe, i famigliari scapparono in montagna ma Chiara decise di rimanere in città accanto a chi stava perdendo tutto.
A lei si unirono un gruppo di amiche che condividono con lei la scelta di vivere radicalmente il Vangelo della parte degli ultimi. Iniziano a vivere in un paio di stanze mettendo tutto in comune ma pian piano si aggiunsero altre persone dando così vita al movimento dei focolari.
Come riusciva Chiara a tenere unite persone diverse, di diverse categorie sociali e di diversi popoli? Con il desiderio comune di pace tra i popoli e la difesa del creato ma soprattutto attraverso valori comuni anche ad altre religioni: il servizio ai fratelli, la compassione, il perdono, la non violenza.
Muore il 14 marzo 2008 a Rocca di Papa, attorniata dalla sua gente. Nei giorni seguenti migliaia di persone, da semplici operai a personalità del mondo politico e religioso, arrivano a Rocca di Papa per renderle omaggio.
Benedetto XVI, nel suo messaggio, definisce Chiara “Donna di intrepida fede, mite messaggera di speranza e di pace”.
Di Chiara, risuonano le sue parole espresse un giorno:
“Vorrei che l’Opera di Maria, alla fine dei tempi, quando, compatta, sarà in attesa di apparire davanti a Gesù abbandonato-risorto, possa ripetergli: “Quel giorno, mio Dio, io verrò verso di te con il mio sogno più folle: portarti il mondo fra le braccia!” Padre, che tutti siano uno!”.