Gli abitanti della città dissero a Eliseo: “Ecco è bello soggiornare in questa città, come tu stesso puoi constatare, signore, ma l’acqua è cattiva e la terra è sterile”.
Ed egli disse: “Prendetemi una pentola nuova e mettetevi del sale”. Gliela portarono.
Eliseo si recò alla sorgente dell’acqua e vi versò il sale, pronunziando queste parole: “Dice il Signore: Rendo sane queste acque; da esse non si diffonderanno più morte e sterilità”.
Le acque rimasero sane fino ad oggi, secondo la parola pronunziata da Eliseo.
2Re 2,19-22
Se è vero che è il Signore a sanare e purificare le acque, è altrettanto vero che senza Eliseo, che si presta alla volontà del Signore, nulla sarebbe successo. Secondo una meravigliosa costante della Storia della Salvezza, Dio non può nulla senza la collaborazione dell’uomo.
Ma in questo episodio hanno una rilevanza fondamentale anche gli abitanti della città: nulla sarebbe accaduto, infatti, se loro non avessero denunciato ad Eliseo le cattive condizioni di vita a cui erano costretti, se loro si fossero semplicemente assuefatti a quel genere di esistenza.
È questo che vogliamo fare? Vogliamo anche noi, genitori cattolici, “abitanti di questa città” vivere assuefatti al mondo, finendo per essere non solo “nel”, ma anche “del mondo”?
O vogliamo vivere con la consapevolezza che le acque del mondo di oggi sono cattive e tormentate? Che la terra su cui sono chiamati ad abitare i nostri figli è sterile e sempre più lontana da Colui che l’ha creata?
“Se non insegniamo ai nostri figli a credere in Cristo, il mondo insegnerà loro a non farlo”, recita un veritiero motto che si trova facilmente navigando su siti e blog cristiani americani.
D’altra parte, per dirla con il Catechismo, “i genitori sono i primi responsabili dell’educazione dei loro figli” ed è proprio a loro che compete il diritto e il dovere, la responsabilità e il privilegio di educare i propri figli e di evangelizzarli, iniziandoli fin da subito ai misteri della fede (CCC 2223,2225).
La rilevanza del ruolo educativo dei genitori è ancora più evidente nel contesto attuale, in cui i condizionamenti del mondo rendono sempre più complessa la trasmissione dei valori e della fede. È proprio la famiglia che – pur non essendo l’unica agenzia educatrice – ha un influsso decisivo sull’educazione dei figli, e può dare loro un’impronta indelebile, che dura nel tempo (CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, 27, 36).
La funzione educativa dei genitori, infatti, “è tanto importante che, se manca, può difficilmente essere supplita” (Gravissimum educationis, 3).
Ma, ci si potrebbe chiedere, se spetta a noi questa educazione, come è possibile attuarla? In che modo i genitori cattolici sono chiamati ad evangelizzare i propri figli?
Innanzitutto con l’esempio di vita e la credibilità della loro testimonianza: creando un clima di tenerezza, perdono e rispetto – terreno fertile per educare alle virtù – e impegnandosi loro stessi a crescere nella fede e nella vita cristiana vissuta in conformità al Vangelo (CCC 2223, 2226).
Inoltre, trasmettendo esplicitamente i misteri della fede e rendendoli partecipi della vita della Chiesa (CCC 2225).
Esatto! In un mondo schizofrenico in cui la vulgata ritiene lesivo della libertà individuale il Battesimo conferito ai bambini (ma considera lecito – se non dovuto – proporre l‘educazione sessuale alla scuola dell’infanzia), e in cui anche molti genitori cattolici – ahimè – si lasciano convincere da questa mentalità rimandando le esplicite scelte di fede nei confronti dei figli, dobbiamo ribadire con convinzione il nostro diritto e il nostro dovere di parlare di Dio ai nostri bambini!
Educare i propri figli alla vita buona del Vangelo è una chiamata, che affonda le sue radici nel sacramento del Matrimonio, un’indiscutibile esigenza a cui la nostra vocazione ci chiama!
Ed è una vera e propria scommessa, che va accettata e vissuta con passione, ma anche con la dovuta preparazione e con senso di responsabilità.
Un impegno che deve avere la caratteristica della gratuità: come genitori non siamo padroni, bensì custodi e amministratori dei figli che abbiamo ricevuto e che accompagniamo lungo la loro personale avventura, nella consapevolezza che i valori e la fede non possono semplicemente essere ereditati, ma richiedono una scelta personale che mette in campo la libertà propria di ogni essere umano.
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