Ho deciso di condividere con voi uno dei tanti lavori svolti durante il Master in fertilità e sessualità coniugale che ho frequentato presso l’Istituto Giovanni Paolo II qualche anno fa. La mia riflessione nasceva mentre preparavo la tesina per il corso “Prospettive bibliche sull’amore umano”, perché da diverso tempo con mio marito usavamo questo brano per introdurre i nostri incontri con i fidanzati e ho deciso di approfittare del mio professore chiedendo la sua opinione.
La riporto così come la scrissi allora ed aggiungerò, al termine, le parole che il professore mi scrisse dopo averla letta.
La mia riflessione si basa sul fatto che la Bibbia sia stata scritta per l’uomo di ogni tempo, ma si discosta dalla tesina e invece di occuparsi di ciò che Gesù insegnava si dedica alle parole che Paolo rivolgeva alla comunità dei primi cristiani a Corinto.
In particolare mi affascinano le parole che egli rivolge alle coppie già unite in matrimonio, a loro indica la via da seguire:
La moglie non è padrona del suo corpo, ma lo è il marito; similmente il marito non è padrone del suo corpo, ma lo è la moglie. Non rifiutatevi l’uno all’altra, se non concordemente e per un tempo, per dedicarvi alla preghiera e di nuovo stare insieme, perché Satana non vi tenti a causa della vostra incontinenza. Ciò dico a modo di concessione, non di comando.
1 Cor 7, 4-6
Le raccomandazioni di Paolo sulla loro condotta sessuale sono, chiaramente da leggersi considerando il periodo storico durante il quale vennero pronunciate: Paolo raccomanda a tutti i mariti ed a tutte le mogli della comunità di avere regolari rapporti sessuali con il proprio coniuge, non astenendosene se non temporaneamente e solo consensualmente. Sappiamo che la mishna (il compendio dell’insegnamento orale della religione ebraica) stabilisce pene sia per il marito che per la moglie (anche se in misura diversa) che rifiutano di avere rapporti sessuali, da qui il concetto secondo il quale il corpo non è una proprietà privata di cui disporre a piacimento, esiste un diritto reciproco al corpo del coniuge. L’astinenza deve essere una decisione comune per dedicare più tempo alla preghiera che esige l’attenzione totale della persona.
Nel testamento di Neftali si legge che “c’è un tempo per unirsi alla moglie e un tempo di continenza per la preghiera”. La Mishna esenta lo sposo dall’obbligo di recitare lo Shema durante la prima notte di nozze perché potrebbe non essere concentrato a sufficienza; la preghiera, come ho già detto, esige l’attenzione totale della persona.
Paolo presenta l’astinenza non come disobbedienza ad un precetto divino ma come comportamento imprudente dato che rende difficile, alla persona, resistere alle tentazioni.
Dopo aver citato ciò che l’apostolo intendeva dire ecco la mia riflessione che si concentra sulla lettura che gli sposi moderni ne possono fare.
In particolare leggo queste parole alla luce della mia esperienza di moglie e, negli ultimi dieci anni di vita coniugale, anche di guida ai corsi prematrimoniali insieme a mio marito.
– per dedicarvi alla preghiera: è vero che alcune coppie dedicano alcuni momenti della loro vita coniugale alla preghiera di coppia, ma mi chiedo: qual è il modo migliore di ringraziare Dio del dono che ha fatto ai coniugi affidandoli l’uno all’altra se non applicare il linguaggio d’amore tipico del periodo del fidanzamento? Allora baci, abbracci, carezze, sguardi e tenerezze fra gli sposi diventano la preghiera di ringraziamento a Dio.
Durante la fase del ciclo mestruale riconosciuta infertile è possibile che i coniugi ringrazino Dio per averli creati maschio e femmina, per averli fatti incontrare, per averli fatti innamorare e per avergli dato la possibilità di comprendere che possono amarsi così come Lui ha reso possibile, totalmente e fecondamente anche se non possono avere una gravidanza. Il rispetto della continenza periodica da parte dello sposo vuol dire riconoscere che la propria sposa ha una fertilità diversa dalla sua, che ha dei ritmi che la natura le ha donato, che rispettando quei ritmi lui la ama, lui rispetta sua moglie, le rende onore e loda Dio per avergliela donata, e la sposa rispettata dal marito lo amerà sempre di più riconoscendo in lui il dono di Dio pensato proprio per lei;
– e di nuovo stare insieme: utilizzare la fase infertile del ciclo mestruale per le unioni coniugali. L’amore fra i coniugi non perde nulla con la rinuncia temporanea e con la continenza periodica, anzi ci guadagna, l’unione fra le persone diviene più profonda perché è fondata sul valore della persona e non solo sui legami sensuali.
– perché Satana non vi tenti a causa della vostra incontinenza: utilizzare la fase del ciclo mestruale riconosciuta infertile aiuta i coniugi a sopportare la continenza periodica imposta nel caso in cui vogliano distanziare le gravidanze, infatti utilizzare il periodo infertile per le unioni coniugali rende meno gravosa l’attesa. Se il periodo della continenza diventa troppo lungo è facile che gli sposi, anche i più motivati non riescano nel loro intento e cadano nella tentazione di unirsi nonostante riconoscano il periodo fertile, e nel caso vogliano distanziare le gravidanze opteranno per una soluzione di tipo contraccettiva;
– ciò dico a modo di concessione, non di comando: il matrimonio, per Paolo, non ha il solo fine profilattico, in funzione anti-fornicazione, per lui tra peccato e santità non esistono stadi intermedi, chi evita il peccato è quindi già nella santità. Paolo è un uomo che possiede una visione realistica della persona umana e dei suoi limiti, riconosce che una persona che vuole fare a meno del matrimonio deve avere in dono una grazia particolare, che non tutti hanno, per lui chi non possiede questo dono non si trova in una condizione umiliante.
Dono di grazia è la continenza che consente a una persona di fare a meno dei rapporti coniugali senza cadere nel peccato.
L’amore dell’uomo e della donna deve maturare, per giungere alla continenza, che a sua volta deve diventare un elemento costruttivo del loro amore. E’ un percorso che i coniugi sono chiamati a fare mettendosi nella disposizione per la quale rimangono aperti all’eventualità di essere padri e madri, facendo ciò la loro disposizione generale a procreare non si annulla, malgrado la continenza periodica, e ne determina il valore morale.
Queste mie riflessioni non vogliono avere la presunzione di far dire a Paolo parole che non avrebbe mai pronunciato ma, mi chiedo, se usare questa chiave di lettura con gli sposi dei nostri giorni non possa essere un aiuto valido dato che si possono rendere più vicini gli uomini e le donne di ogni tempo mentre ascoltano le parole di chi ha conosciuto Gesù.
Cara Agnese Maria,
lei mi chiede un parere riguardo alle riflessioni da lei elaborate in merito a 1 Cor 7,4-6. Mi sembrano accettabili. Deve essere chiaro che Paolo non si pronuncia sui metodi per evitare la gravidanza, problematica allora sconosciuta. Ciò che egli prende in considerazione è l’astinenza dai rapporti coniugali, che egli concede di praticare purché sia consensuale e limitata nel tempo. Perché consensuale? Perché ai suoi occhi il rapporto sessuale è un obbligo che ciascuno dei coniugi ha verso l’altro. Non è qualcosa di gratuito, ma di dovuto. Dunque i due devono essere d’accordo nel non farlo. Perché limitata nel tempo? Per non esporre sé e il coniuge a tentazioni. Paolo, come lei giustamente rileva, non concepisce il matrimonio come rimedio per la concupiscenza, ma ha orrore dell’adulterio. Astenersi dai rapporti per fini ascetici (dedicarsi all’orazione) è buona cosa, ma con prudenza: la persona umana è debole. Non tutti hanno il dono di un perfetto autocontrollo.
Questi due criteri possono essere applicati al vissuto dei coniugi cristiani di oggi? Non vedo perché no. Basta tenere presente la diversità di situazione e di prospettiva storica.
La saluto, cara signora.