Perché sposarsi in Chiesa? Molti ragazzi se lo chiedono, senza trovare risposta. Molti preferiscono la cerimonia civile o la convivenza perché “cosa mai dovrebbe aggiungere il sacramento del matrimonio?”
C’è una poesia che trovo molto bella ed efficace per approcciarci a questo tema (Il matrimonio, di D.Bonhoeffer). Ne prendiamo solo alcuni passaggi.
Il matrimonio è più del vostro amore reciproco.
Ha maggiore dignità e maggior potere (…)
Nel vostro sentimento godete solo il cielo privato della vostra felicità.
Nel matrimonio, invece, venite collocati attivamente nel mondo e ne divenite responsabili (…)
Non è il vostro amore che sostiene il matrimonio:
è il matrimonio che d’ora in poi,
porta sulle spalle il vostro amore.
Dio vi unisce in matrimonio: non lo fate voi, è Dio che lo fa.
Dio protegge la vostra unità indissolubile di fronte
ad ogni pericolo che la minaccia dall’interno e dall’esterno.
Dio è il garante dell’indissolubilità.
È una gioiosa certezza sapere che nessuna potenza terrena,
nessuna tentazione, nessuna debolezza
potranno sciogliere ciò che Dio ha unito.
Questa poesia l’ho scoperta leggendo un libro, “Quanto a me e alla mia casa serviremo il Signore” (N. Gabella, G. Ciaffarini, 2014). Gli autori, due sposi, mostrano quali sono le peculiarità del matrimonio cristiano ed evidenziano che c’è differenza tra vivere il rapporto nella dimensione di “due cuori e una capanna” oppure divenire “piccola chiesa domestica”. Il matrimonio cristiano diventa missione per portare il Vangelo nel mondo: in due, si diventa un unico raggio del sole che è Dio.
Il tema è molto ampio, non possiamo certo esaurirlo in un articolo. Dopo questa brevissima premessa, vorrei ora concentrarmi su un aspetto molto importante del matrimonio cristiano: ovvero come intimità sessuale e sacramento del Matrimonio siano uniti in modo profondo.
In altre parole, ci chiediamo: che cosa si comunicano due sposi che appartengono a Cristo, quando fanno l’amore?
“In genere – raccontano due sposi che ho conosciuto la scorsa estate – l’incontro con Gesù avviene quando ci si trova con le spalle al muro e così è successo a noi. Lo abbiamo incontrato durante la separazione. In questa situazione drammatica abbiamo chiesto aiuto al cielo, ciascuno personalmente, in due modi diversi, in due città diverse. E Gesù ha risposto. Ora possiamo e vogliamo dire a tutti: confidate nella potenza del sacramento del matrimonio. Usatelo! Avete una Ferrari tra le mani e la guidate a 30Km/h. Che spreco. Che noia”.
Il fulcro del matrimonio, dicono oggi, è l’unione dell’uomo e della donna in una sola carne. Affermano: “Gli sposi si feriscono profondamente proprio quando devono diventare una sola carne. È quello il momento in cui lo Spirito Santo scende sulla coppia unita nel sacro vincolo del matrimonio e ravviva il loro amore riempiendolo di grazia che si riverserà su tutta la famiglia”.
L’atto sessuale, dunque, nel matrimonio cristiano, non è solo un gesto di affetto, di complicità e di unità: è proprio il momento in cui si riceve la grazia del sacramento.
Il sacramento ricevuto il giorno delle nozze si rinnova per la coppia (e quindi rende presente Gesù!) ogni volta che i coniugi si donano l’uno all’altro… proprio come durante la messa, nel pane e nel vino, ogni volta si rinnova il sacrificio di Cristo che muore e risorge per noi.
L’atto sessuale è qualcosa di meraviglioso, dunque, se vissuto nella tenerezza e nella grazia di Dio.
In che modo, invece, due sposi possono ferirsi a letto? In che modo il sesso smette di essere qualcosa di bello e diventa fonte di sofferenza?
Esiste, a detta di questi miei amici, “un modo offensivo ed egoistico di approcciarsi al rapporto intimo coniugale …quell’atto che dovrebbe far crescere la coppia nella comunione, nell’amore e nella santità è invece il primo a subire gli effetti del tempo”. Notano come da fidanzati sia molto più semplice avere rapporti sessuali, mentre col passare del tempo tante coppie o non vivono la sfera intima o la vivono controvoglia e raramente, senza coinvolgimento, senza amore reale ed effettivo.
Purtroppo, capita che nella sfera dell’intimità si usino dei ricatti morali, magari subdoli; ci si umili a vicenda quando la prestazione non è quella desiderata, si “pretenda il dovere coniugale”, invece di accogliere e comprendere l’altro o l’altra, di rispettare i suoi tempi. Capita che il marito o la moglie siano trattati senza cura, senza tenerezza, che si cerchi solo il proprio appagamento, senza saper guardare neppure negli occhi la persona con cui si sta diventando una carne sola.
Così si perde la vera bellezza del sesso.
Con la loro conversione, avvenuta dopo ventitré anni di fallimenti accumulati, i due coniugi hanno scoperto cosa significa vivere in uno stato di grazia (comunione e confessione frequenti) e hanno scoperto qualcosa di meraviglioso anche sul sacramento del matrimonio, che prima per loro era un tesoro nascosto, sepolto: “Questo atto, se vissuto come donazione totale di sé e non come atto egoistico, diventa col tempo sempre più puro, ci trasforma in persone sempre più rispettose dell’altro, accresce la comunione tra noi e favorisce l’amore e la fiducia reciproci”.
Oggi ringraziano Cristo per averli salvati, per aver salvato il loro matrimonio, per aver ridonato loro un amore purificato dall’egoismo e testimoniano che invitare o meno Gesù alle nostre nozze non è proprio lo stesso: ne sapevano qualcosa già anche gli sposi di Cana, che, circa duemila anni fa, sono rimasti senza vinoper poi assaggiarne uno ancora più buono…