“Sara si trovava di fronte al dolore di Abramo, al suo grido verso Dio, a quell’essersi fidato di una promessa che sembrava oggi scontrarsi con una storia di fallimento, di grandi successi umani, è vero, ma priva di discendenza.Era consapevole di non essere più giovane, sapeva che il tempo era trascorso e questo le creava cruccio. (…) E, così, di mese in mese, si stava consumando il rito dell’attesa e della delusione, della promessa e della smentita, della speranza e dell’infrangersi di un sogno. E poi, ora, non accadeva più neanche quello.
E, così, anche la loro relazione stava andando in crisi.
(…) Chi era questo Dio che aveva promesso tanti eredi quante erano le stelle del cielo, e, poi, si era ritirato nel silenzio, li aveva lasciati soli in questo dolore?
Sara guardava le altre donne (…) Loro erano felici, avevano futuro…come le invidiava. Possibile che a loro così insignificanti, a volte meschine,, il Signore donasse figli belli, sani, numerosi? Cosa mancava a lei per averne? Cosa avevano più di lei? E bastava una pancia, una notizia e scattava il pensiero: perché proprio a loro? Perché a quella coppia che ne aveva già tanti? Perché proprio a quella persona, a quegli sposi che non onoravano Dio? Perché a quella donna che avrebbe voluto evitarlo? Perché all’altra che aveva tentato di disfarsene?
Anche la vita sociale le era difficile…Che ne sapevano gli altri di tutte le volte che facevano l’amore con il fiato sospeso, pensando che forse era la volta buona, le volte che pensavano che dovevano farlo, perché era l’occasione giusta, che si erano organizzati appositamente e… senza rendersene conto, ben presto tutto aveva iniziato a ruotare intorno a quell’incontro sessuale che aveva finito per perdere i tratti teneri, giocosi, intimi di una relazione d’amore. (…)
Così no, non si poteva andare avanti!! Ne era certa, Dio li aveva presi in giro e a questo punto era necessario trovare strade diverse, prendere in mano la propria vita e darsi da fare per i propri progetti. (…)
Ed era così che aveva deciso di parlare con Abramo, anche per lui era un grande dolore, voleva chiedergli di giacere con la serva Agar. In fondo era solo uno strumento, sarebbe stata solo un mezzo per raggiungere il proprio scopo ed appagare il proprio desiderio. Questa modalità era usata anche dai padri, era legittima, non era poi così strana. Abramo poteva dirle di no di fronte ad un desiderio così buono?...E, poi, cosa c’era di male? Del resto avrebbero semplicemente fatto come tanti altri prima di loro, cose che la legge permetteva, socialmente accettate. Avrebbero appagato il proprio desiderio con mezzi umani. E Dio? Come avrebbe potuto impicciarsi della loro storia dopo che Lui aveva fallito, dopo che la sua promessa era stata disattesa? Ora cosa voleva saperne della loro storia? Che ne sapeva Lui del dolore che avevano provato, della frustrazione, del tempo perso, dei desideri infranti?
(“ E voi, ancora niente figli? Al di là della fertilità, la chiamata di ogni coppia alla fecondità, S. Paolo, 2021)
Un desiderio incontenibile
A volte siamo totalmente ostaggio di un nostro desiderio, al punto che ci sembra che tutto ruoti intorno a quello, che non potremo essere felici senza realizzarlo, che tutti siano più felici di noi. E, soprattutto se il nostro desiderio è buono, viviamo un senso di ingiustizia, e, inevitabilmente, cerchiamo una soluzione a quella frustrazione che sentiamo come insostenibile.
Soluzioni e scorciatoie
Di fronte alla sofferenza il mondo propone di evadere, oppure di “mettere mano”, di trovare una soluzione, a qualunque costo…a volte attraverso la scienza, la medicina, la tecnica (logica del fare), altre volte attraverso il rifiuto di ciò che non corrisponde alle nostre aspettative (logica dello scarto). In ogni caso siamo di fronte a una logica del controllo. Non è facile aprirsi a uno spazio di mistero, saper perdere il controllo, sapersi fidare, credere che ci siano cose più grandi di te, come la vita.
Anche nel caso di un figlio il mondo propone una logica segnata dal controllo, del bypassare l’ostacolo per raggiungere l’obiettivo a tutti i costi, dello scartare ciò che non porta a me la felicità che voglio. Sono vie socialmente accettate e legali che, sebbene non passino dalla comunione e dall’unione di coppia, dal valorizzare la vita, sembrano offrire una alternativa accettabile, una soluzione concreta, possibile. Ma come credenti sappiamo bene che la vita è un dono e passa proprio dall’unità della coppia (cfr. Donum vitae parte II – cfr. anche Gaudium et Spes 50 – 51).
Abramo e Sara: dalla soluzione umana all’accoglienza del progetto di Dio
Ma chi sono Sara e Abramo? Cosa c’entrano con noi? Abramo è nostro padre nella fede, archetipo di ogni uomo che cammina e cerca Dio. Sara e Abramo sono sposi invecchiati senza un erede, nonostante le ripetute promesse di Dio di concedere una discendenza numerosa come le stelle del cielo. Così Sara concede Abramo a Agar, la schiava, secondo le tradizioni e la legge. Ma il figlio che ne nasce, Ismaele, spacca la coppia, Sara viene presa dall’invidia, e lo allontana, perché non ha portato la felicità prevista. Ma il Signore non li abbandona, non rinuncia, vuole portarli oltre le loro logiche, per condurli alla pienezza, a realizzare la Sua chiamata. Pertanto alle Querce di Mamre, torna a cercarli con una nuova grande promessa, per cui genereranno Isacco. Abramo e Sara sono arrivati a 100 anni prima di comprendere che solo abbracciando il progetto di Dio, la propria storia, la propria chiamata fino in fondo, possono raggiungere la pienezza. È il salto nella fede che permette loro di non fuggire, di fidarsi e credere nella fedeltà di Dio.
Abramo e Sara sono proprio come noi: alternano grandi sì e grandi cadute, momenti di fiducia nella promessa di Dio e momenti di bassezze tutte umane. Inizialmente sono capaci di lasciare la terra dei padri, Ur, ma non la terra interiore dei propri progetti, di affidarsi a scorciatoie umane come nella vicenda di Ismaele, ma anche di grande fede come nella generazione di Isacco.
Dio, a differenza di quanto sembra, fa una promessa, e la realizza…non si stanca di cercarli, con un amore appassionato, torna a chiamarli nonostante la loro infedeltà, aspetta cento anni finché siano pronti a dire il proprio sì pieno.
È solo una fede incondizionata che ci permette di distogliere lo sguardo dal dolore, dalla ricerca di umane soluzioni per accogliere la nostra storia e, in essa, i doni di pienezza che il Signore ci ha riservato. Perché, e questa è la buona notizia, il Signore ha riservato a ciascuno una vita di pienezza, anche se a volte, passa da vie che non ci aspettavamo.
📌 Vi invitiamo a prendere un tempo come coppia per mettervi in ascolto: c’è nel presente una situazione che vi chiama, ma non riuscite a dire il vostro sì, a entrarci pienamente, ad accoglierla? Un dolore, un cambiamento, una rinuncia, un servizio, un’accoglienza che evitate, rimandate, pensate di risolvere senza donarvi fino in fondo?
📌 Un aiuto… fissate una durata, decidete voi prima di iniziare quanto tempo avete a disposizione.
- Mettetevi in preghiera invocando lo Spirito Santo, oppure ascoltate un canto, o facendo un tempo di lode.
- Mettetevi in ascolto individualmente (fissate prima il tempo disponibile!) del vostro cuore: ciascuno chieda al Signore di indicargli quale chiamata state ricevendo come coppia e faticate ad accogliere.
- Incontratevi e ciascuno condivida con l’altro quanto il Signore gli ha rivelato. Ciascuno accolga con amore (senza interrompere, senza commentare…) la condivisione dell’altro attento a comprendere cosa il Signore vi sta rivelando come coppia.
- Confrontatevi per decidere il prossimo passo (piccolo, possibile, concreto, verificabile, immediato).
- Pregate insieme per affidarvi al Signore.
Buon cammino!
Ecco gli altri passi del nostro cammino
(una volta che li avremo scoperti insieme li potrai vedere cliccandoci sopra)
- Amore fecondo
- Fertilità e fecondità
- Giobbe e sua moglie
- Elkanà e Anna
- Rachele e Giacobbe
- Maria e Giuseppe