Il sesso è cosa buona e giusta?
Che cos’è l’atto sessuale?
Cosa può esserci di sbagliato nel sesso se siamo stati creati “sessuati”?
La Chiesa ha paura del sesso?
Che cosa è peccato e che cosa no?
Ricordo bene quando, ancora adolescente, queste domande frullavano nella mia testa, ma, a parte la famiglia, non avevo un contesto, un luogo protetto, in cui tirarle fuori, in cui cercare delle risposte che corrispondessero ai desideri più profondi del mio cuore.
Ecco perché oggi, che sono sposata da sei anni (dopo averne vissuti tre di fidanzamento casto) e ho sperimentato la gioia che viene dalla purezza, sento di dover condividere una bellissima scoperta che ho fatto: nel sesso non c’è nulla di male, anzi, è una creazione di Dio. Ciò che lo rovina è l’egoismo e l’istinto dipossederci anziché donarci.
Molto spesso capita che degli amici non credenti, sapendo che sono cattolica praticante, mi provochino dicendo: “Fortuna che sono in pochi oggi ad ascoltare la Chiesa sul sesso… Per voi cattolici non si può fare nulla!”
Sono in tanti ad avere questo pregiudizio negativo. Ammetto che l’ho avuto anche io, finché non ho capito che il messaggio della Chiesa sul sesso è liberante, non opprimente. E che se ci sono dei “no” da dire è solo per aderire ad altrettanti “sì” su cui vale la pena scommettere, perché in gioco ci sono la felicità e la pienezza.
Se avrete piacere, vorrei accompagnarvi proprio alla scoperta della bellezza della sessualità…
Prima di tutto è necessario comprendere “cosa sia” l’atto sessuale.
Nel mio libro Voglio donarmi completamente a te. Per un’intimità liberata e liberante (Editrice Punto Famiglia, 2022) racconto di un’esperienza vissuta con dei ragazzi che mi ha molto fatto riflettere.
Ero stata chiamata in una parrocchia per parlare di sessualità adegli adolescenti di 14 anni. Premetto che non mi piace dare risposte preconfezionate, né imporre dritte morali senza che la persona davanti a me senta di dover mettere in moto il proprio cervello e di accendere il cuore. Ebbene, quel giorno, con quei ragazzi, non ho iniziato a parlare io, dicendo “come andava vissuta la sessualità”, ho chiesto anzitutto cosa sapevano loro, cosa pensavano a riguardo, se avevano domande o osservazioni da condividere.
Alcuni hanno iniziato a dire “quando”, secondo loro, si poteva vivere l’atto sessuale: “quando te lo stenti”, “dopo qualche mese che si sta insieme”, “dopo un anno”, “quando sei innamorato”.
Altri si sono espressi sul “perché” vivere quell’atto: c’era chi sosteneva che si poteva fare “per amore” o “per fare esperienze”,l’importante era “essere d’accordo e mettere in chiaro le intenzioni dall’inizio, per rispetto”. Alcuni poi mi hanno detto “come” si poteva vivere e che non era importante “essere sposati o meno, l’importante era amarsi”, altri ancora che “un bambino si poteva fare anche da conviventi”.
Io li ho ascoltati tutti, poi, quando è calato il silenzio, ho preso la parola: “Adesso ce l’ho io una domanda per voi. Mi avete detto come, quando, perché si può vivere l’atto sessuale. Ma se io vi chiedessi che cos’è l’atto sessuale?”.
Nessuna risposta.
I ragazzi hanno iniziato a pensare, a guardarsi tra di loro, a farfugliare qualcosa, senza però, di fatto, dire nulla.
Era un po’ come se avessi chiesto: “Qualcuno sa dirmi quanti chilometri esatti ci separano dalla Luna?”. Questo mi ha fatto pensare che si parla tanto di sesso, lo si presenta in tutte le salse, ci si occupa della cosiddetta “educazione sessuale” (che si esaurisce, perlopiù, in campagne per distribuire preservativi e nella prevenzione delle malattie), ma chi si impegna a far riflettere i ragazzi su cosa sia questo gesto, su cosa significhi e racchiuda in sé? Su quale sia la sua natura e il suo fine?
Per usare bene un martello devo sapere a cosa serve, così come devo conoscere la funzionalità di una pentola per utilizzarla al meglio. Se adopero le cose “senza pensare” potrei finire per mettere il martello sui fornelli e imbracciare una pentola per attaccare un chiodo.
La sessualità è ben più importante di un martello e di un arnese da cucina: riguarda la nostra stessa carne, il nostro mondo interiore, i nostri sentimenti, la nostra vita. Riguarda ciò che di più intimo abbiamo da condividere.
Dunque: che cos’è un atto sessuale?
Con chi si vive? Perché?
Si tratta di un gesto che si vive con qualunque persona a cui vogliamo bene? Esprime amicizia?
Si può paragonare all’abbraccio che diamo ad un nostro famigliare?
Che comporta vivere un atto sessuale?
Cosa ci permette di fare?
Cosa diciamo con un atto sessuale?
Il mio consiglio a genitori e educatori è partire da delle domande, più che dalle risposte, per avviare un dialogo costruttivo su untema tanto delicato.
È bene arrivare insieme ad una risposta ed evitare che il mondo, coi suoi messaggi, arrivi prima: ciò che ho capito in questi anni è che più si è giovani più si è disposti a vedere la grandezza dell’atto sessuale; più si è integri, più lo si può riconoscere come quel gesto che ci fa diventare una sola carne con qualcuno… che permette a due persone di fondersi, di diventare una persona sola.
Ponete domande, ai vostri ragazzi, e cercate di rispondere assieme.
Intanto, io vi aspetto al prossimo articolo della rubrica: non mancate!