Siamo nel 1205, Francesco si trova nella chiesa di San Damiano presso Assisi e sente parlare il Crocifisso che gli chiede di “riparare la sua Chiesa“, con il significato ambivalente dell’edificio e della comunità cristiana corrotta.
Il figlio di Bernardone prende alla lettera l’ordine mistico e mette mano fisicamente al restauro della pieve ma, come accade nella vita di diversi santi, la vocazione che ha ricevuto gli diviene chiara man mano che la sua vita religiosa progredisce, fino alla presa di coscienza che la “Chiesa” di cui gli parlava il Signore non era solo la piccola chiesetta assisana, ma tutta la Chiesa di Cristo.
Nell’epoca in cui è vissuto Francesco, gran parte della Chiesa sembra essersi allontanata dai principi evangelici: si assiste a un braccio di ferro tra potere ecclesiastico (chiesa e papato) e potere temporale (i Regni presenti sul territorio europeo) per la ricerca di indipendenza e per affermare la prevalenza del proprio potere. I chierici vivono nell’agiatezza e per nulla aderenti agli ideali evangelici, inoltre sono generalmente poco istruiti perciò sanno predicare poco e non parlano realmente al cuore delle persone.
Mossi da ciò, iniziano a nascere diversi movimenti ereticali: gruppi di credenti che si oppongono alla Chiesa, esprimendo idee e interpretazioni errate su Gesù e il Vangelo, da cui però il popolo è impressionato ed attratto, per la loro vita di povertà, penitenza e castità.
San Francesco agisce diversamente: ripara la Chiesa mostrando la sua fedeltà ad essa, rimanendoci dentro. Sceglie di vivere l’umiltà, la povertà, l’adesione totale ai principi evangelici, cercando l’approvazione della Chiesa, e proprio in questo modo, porta a compimento il comando di Gesù.
Nel cammino quaresimale #aTeSolo, dopo aver riflettuto sul matrimonio tra San Francesco e la povertà, proseguiamo il nostro tour virtuale nella Basilica di Assisi osservando tre affreschi: nel primo San Francesco è rappresentato in preghiera davanti al Crocifisso di San Damiano entro la chiesetta diroccata, alla quale sono crollati una parte del muro e della copertura del soffitto.
Nel secondo affresco è ritratto il sogno di Innocenzo III: Francesco che sostiene la Chiesa. Si narra infatti che il Papa vide in sogno che la basilica lateranense era ormai prossima al crollo, ma un misero poverello, cioè San Francesco, abbassatosi, la sosteneva con le proprie spalle perché non cadesse.
Nel terzo affresco vediamo il Santo che dopo aver chiesto, in obbedienza alla Chiesa, l’approvazione della regola, riceve il mandato da parte di Innocenzo III.
Oggi vogliamo sentire rivolte a noi le stesse parole che Il Crocifisso ha detto a San Francesco. Oggi Gesù invita anche noi a prenderci cura della Chiesa.
Ma qual è la Chiesa che il Signore ci chiede di riparare? In forza della grazia del sacramento, la nostra famiglia è diventata “Chiesa domestica“:
Una rivelazione e attuazione specifica della comunione ecclesiale è costituita dalla famiglia cristiana, che anche per questo può e deve dirsi «Chiesa domestica»
Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 21.
San Francesco ci rivela un altro aspetto della sobrietà, in questo nostro cammino quaresimale: sobrietà significa stare dentro, obbedire, avere a cuore la nostra Chiesa. La nostra Chiesa domestica. Curarla. Darle attenzione.
Quanto spesso dedichiamo le nostre energie e il nostro tempo a tante attività, a tante buone cause… e tralasciamo la nostra Chiesa domestica. Tornare all’essenziale significa anche rinunciare a ciò che ci distoglie da nostro marito, dalla nostra famiglia, dalla nostra casa.
Significa essere fedeli, obbedire alla nostra vocazione, alla realtà della nostra coppia e famiglia.
Questa Quaresima sia, per ciascuno di noi, il tempo della famiglia.