Eccoci di nuovo a camminare insieme!
Nel passo precedente abbiamo fatto sicuramente una bella salita: la proposta cristiana sull’amore umano per la coppia (ma non solo) è davvero imponente, tanto che San Paolo, a ragione, disse che questo è “un mistero grande“!
Sì, la volta scorsa il sentiero si è fatto davvero faticoso, a tratti, credo, di difficile comprensione, ma la meta che ci aspetta ci regalerà un orizzonte e una vista mozzafiato su quello che potrà essere la nostra vita eterna… allora vale davvero la pena sudare un po’ per meritarsi un arrivo degno di tanti sforzi.
In questo passo spero che la camminata diventi più semplice, di “defaticamento”, direbbero gli esperti: cercheremo di capire se quanto detto finora abbia o meno un ancoraggio alla realtà che tutti noi viviamo, se da un punto di vista prettamente antropologico (e quindi valevole per tutti) la proposta della TOB sia effettivamente sensata. Insomma, diciamoci la verità, anche noi siamo figlie dell’illuminismo e del pragmatismo, e quindi vogliamo accertarci che la questione sull’amore sia davvero come ce la racconta la fede cristiana.
Dalla biologia alla persona: la Regolazione Naturale della Fertilità (RNF) come unione tra maschile e femminile
Una mentalità prettamente utilitaristica ha da tempo esteso la sua egemonia anche nella sfera sessuale e intima di una persona, considerando “l’amore” solamente come un fatto privato da godere secondo le proprie più congeniali modalità. Di fatto
la sessualità, o più brevemente il «sesso», si identificherebbe con l’esercizio dell’attività genitale e apparterebbe al mondo degli istinti (Giorgio Maria Carbone).
Se però guardiamo alla fisiologia del corpo umano, notiamo come tutto dica di una tensione all’incontro con l’altro, di una strutturazione concepita apposta perché due individui, unendosi, non rimangano rinchiusi nel proprio io, ma si aprano a qualcosa che esce dal loro personale progetto.
Il corpo dell’uomo è evidentemente strutturato per un naturale prolungamento fuori di sé: i suoi organi riproduttivi maggiori sono infatti posizionati all’esterno del corpo (pene e testicoli), mentre gli organi interni (vescicole seminali, prostata e ghiandole di Cowper) sono di grandezza minore e servono soprattutto per produrre e contenere il liquido seminale. Inoltre è la parte esterna quella più sensibile alle emozioni e all’eccitamento, dove la sensazione di piacere è avvertita con maggiore intensità.
Il corpo femminile, invece, contiene le parti principali degli organi riproduttivi al suo interno: qui si posizionano la vagina, l’utero, le tube e le ovaie, tutte parti che hanno la funzione di avverare il concepimento e custodire la vita nascente; gli organi esterni (vulva e clitoride) sono di misura minore e sono più suscettibili alle sensazioni piacevoli, funzionali pertanto all’attività sessuale.
Se quindi nell’unione intima l’uomo trova piacere nell’uscire da sé, la donna, al contrario, riesce a godere di più se ha la possibilità di accogliere pienamente e senza costrizione (più o meno marcata) il suo partner.
Dal punto di vista biologico del corpo umano, quindi, le parti riproduttive maschili e femminili sono “utili” solo se messe assieme. Così spiega in modo particolarmente chiaro il dott. Norman:
Lo studio degli organi genitali porta anche alla conclusione che si tratta di apparati sessuali essenzialmente incompleti, in se stessi e nel loro funzionamento: l’apparato maschile e quello femminile sono semi-apparati, inutili e destinati alla sterilità se presi isolatamente. Solo la loro unione crea vita e genera gioia. La sessualità non ha senso biologico se non comunitario; il suo senso non risiede nell’«io» individuale, isolato, ma solo pienamente nel «noi» comunitario.
Anche da un punto di vista emotivo e psicologico, uomo e donna sono differenti e complementari.
L’uomo, per la sua struttura fisica, vive la propria attività sessuale nel presente, nell’ora, cioè il piacere sessuale non è, almeno inizialmente, considerato anche nel suo aspetto procreativo o con l’eventuale possibilità di diventare padre: per l’uomo l’atto sessuale non comporta conseguenze naturali immediate, ma si realizza e viene goduto nel subitaneo. Così la parte cosiddetta “preliminare” viene spesso poco apprezzata e manifestata solo per momenti sporadici: tale comportamento è dovuto al fatto che la sua tensione è quasi totalmente diretta al solo godimento dell’amplesso. Solo con la conoscenza più approfondita della propria compagna, l’uomo impara ad arricchire i propri gesti fisici con manifestazioni di affetto più curate e tenere.
Per la donna, invece avviene il contrario: poiché, dal momento in cui ha il menarca, sa che mensilmente è provata da una propria “sconfitta mensile” (cioè l’ovulo non viene fecondato e non nasce vita, ma si sfalda e provoca le mestruazioni), il suo donarsi implica, più o meno coscientemente, la possibilità di un eventuale concepimento, e se ciò dovesse accadere tutto il suo corpo si trasformerebbe e con esso anche la propria vita. Questa dimensione fisica si ripercuote in quella psicologica facendo sentire più in “profondità” e con maggiore consapevolezza l’unione sessuale, dandole un significato più “ricco”. Ecco che ciò che avviene prima dell’amplesso costituisce per la donna un momento, non solo preparatorio, ma di fondamentale importanza per vivere appieno la donazione: la sincerità della relazione, la fiducia e l’accoglienza reciproca, le manifestazioni di tenerezza gratuita senza uno scopo prettamente unitivo, sono per la donna le basi per sentirsi realmente accolta per quello che è, anche nella sua fisiologia sessuale.
Come poter mettere insieme due visioni e percezioni così opposte?
La risposta a questa domanda in realtà è molto semplice: se consideriamo che l’unione fisica dei due corpi si realizza pienamente quando entrambi, uomo e donna, ne godono e ne vengono vicendevolmente gratificati, allora l’unica via è quella di aiutarsi a desiderarsi reciprocamente. Il desiderio sessuale, il desiderio di unirsi carnalmente, si fa più intenso se la coppia sa ascoltarsi, sa cioè comprendere quali siano le pulsioni e gli stimoli che rendono più disponibile l’uno verso l’altra.
Anche il desiderio sessuale si crea, e gli artefici sono quell’uomo e quella donna che coscienti delle proprie esigenze, si fanno carico delle propensioni dell’altro e cercano di renderle manifeste: mentre l’uomo quindi proverà a creare un clima favorevole per la donna, così lei cercherà di accogliere il proprio partner nella sua peculiare mascolinità. È l’antico, ma sempre valido, motivo del “farsi la corte”, che nella realtà della coppia è necessario a che essa possa esprimersi totalmente e possa crescere nell’intesa intima.
Perché la contraccezione è un male
Il quadro che abbiamo appena descritto si frantuma contro l’attuale mentalità contraccettiva che oggi la nostra società respira a pieni polmoni.
Con l’avvento dei mezzi contraccettivi meccanici e chimici di ultima generazione, l’aspetto interiore (psicologico e spirituale) della sessualità è stato definitivamente archiviato, o, nei casi più positivi, solo nascosto in un cassetto, in attesa di essere recuperato non appena la coppia si senta “pronta” per il compito genitoriale.
Inoltre una invasiva e insistente pornografia ha tolto all’unione sessuale non solo la sua sacralità intima, ma ne ha completamente distorto il significato tanto da renderla, in modo sempre più diffuso, solo un piacere genitale compulsivo.
E’ evidente la deriva schizofrenica che l’atto sessuale ha preso, soprattutto tra i giovani e giovanissimi: questi, anche se alla loro prima esperienza, “devono” già sapere tutto di sesso e di modalità di godimento, come se il proprio corpo non fosse altro che una macchina da programmare per determinate prestazioni. Ovviamente tutto deve essere coperto da un’aurea igienista per non dover incappare in “brutte conseguenze” (gravidanza o malattie sessualmente trasmissibili). Oggi è più facile ritrovarsi nudi affianco ad uno sconosciuto che parlare della propria intimità al partner.
Che cosa diventa importante in questo tipo di relazioni sessuali?
È ovvio che, in generale, tutto è proiettato verso l’individuo: uomo e donna, indipendentemente, si preoccupano della propria sessualità senza rendere partecipe l’altro, che diventa “importante” solo per la parte genitale. In questa prospettiva non c’è amore, non c’è la comunione delle persone a cui le coppie sono profondamente chiamate.
A ragione San Giovanni Paolo II scrive a questo proposito:
[…] nel caso di una artificiale separazione di questi due significati (unitivo e procreativo, ndr), nell’atto coniugale si compie una reale unione corporea, ma essa non corrisponde alla verità interiore e alla dignità della comunione personale: communio personarum. Tale comunione esige infatti che il «linguaggio del corpo» sia espresso reciprocamente nell’integrale verità del suo significato. Se manca questa verità, non si può parlare né della verità del dominio di sé, né della verità del reciproco dono e della reciproca accettazione di sé da parte della persona. Tale violazione dell’ordine interiore della comunione coniugale, che affonda le sue radici nell’ordine stesso della persona, costituisce il male essenziale dell’atto contraccettivo.
La regolazione naturale della fertilità, da questo punto di vista, scardina completamente l’individualismo nella coppia perché per sua struttura necessita di un continuo dialogo tra uomo e donna, di interessamento reciproco, e non relega all’isolamento una delle due parti, poiché entrambi hanno un ruolo attivo nella propria intimità; inoltre il rapporto sessuale non diventa più un qualcosa da cui proteggersi o temere, bensì luogo reale di incontro e di scambio reciproco, non solo di corpi ma soprattutto di anime.
La RNF non è solo una esigenza di ascolto della propria fisiologia e del proprio corpo per un ritrovato sentimento ecologista, ma diventa uno strumento potente contro la frammentazione della coppia, dandole la possibilità di affrontare temi, situazioni e prospettive che la rendono più unita, salda, sicura.
Possiamo dire che i metodi di regolazione naturale diventano per davvero un ponte di contatto tra il mondo maschile e il mondo femminile: parlando della propria intimità infatti uomo e donna si trovano “costretti” a creare un proprio personale vocabolario di intesa e ciò rende la loro comunicazione più ricca, più veritiera della loro reale situazione psicofisica e la relazione, sostanzialmente, più feconda.
E ora qualche domanda per riflettere.
Prova a pensare ai momenti di scambio amoroso che hai col tuo sposo: chi fa il primo passo e come? Cosa ti piace e cosa non ti piace dei suoi gesti? E dei tuoi, cosa ti infastidisce? Se puoi, prova a parlarne insieme… cerca un linguaggio che secondo te è per lui comprensibile, soprattutto con tanta pazienza se come coppia non utilizzate la RNF.
Scrivi secondo te che cosa è il Desiderio e la Sensualità.
E poi, hai mai pensato al rapporto intimo come un luogo e un momento di preghiera? Cosa c’entra secondo te Dio con la tua intimità? Prova a ringraziarLo per il dono che ti ha dato, la tua personalissima e bellissima sessualità che tramite il tuo sposo può esprimersi con tutta la sua potenza!