Ogni tanto qualcosa di strano accade.
Da quattordici anni, con mio marito, veniamo contattati dai parroci che ci conoscono per raccontare ai fidanzati la bellezza della sessualità vissuta alla luce degli insegnamenti della Chiesa. Purtroppo devo dire che da questi incontri sono veramente poche le coppie che poi mi contattano per imparare i metodi.
Negli anni abbiamo cambiato la modalità, le cose da dire, gli strumenti utilizzati, ma credo che la realtà sia che le coppie si sposano dopo tanti anni di fidanzamento. Di solito si tratta di persone sempre più grandi ed il desiderio di avere un figlio viene prima di ogni cosa per loro, quindi sentire parlare di come siamo fatti, di come vivere la sessualità nel matrimonio – ma purtroppo in generale il corso tutto – è per loro qualcosa da fare solo perché serve per sposarsi.
L’anno scorso una coppia dell’equipe che aiuta uno dei nostri amici parroci sembrava particolarmente interessata: qualche giorno dopo il corso, il marito mi contatta ed iniziamo il percorso per imparare il metodo st Camen che io insegno.
Mese dopo mese era sempre lui a telefonare per prendere l’appuntamento, venivano sempre insieme a fare la consulenza, lui molto interessato, lei precisa nella rilevazione. Dopo qualche mese non li vedo più, questa cosa capita: le coppie dopo i primi mesi cominciano a diradare gli incontri perché capiscono come funziona il metodo ed invece di venire in consulenza mese per mese raccolgono qualche scheda e poi mi telefonano per confrontarsi con me. Questa volta invece il tempo passa.
E’ mia abitudine richiamare le coppie che non hanno raggiunto l’autonomia: il mio timore è che usando il metodo senza aver portato a termine il periodo di apprendimento possano commettere errori non imputabili al metodo stesso ma alla formazione incompleta. Passato un po’ di tempo, quindi, li chiamo e prendiamo un appuntamento.
Eccoci alla cosa insolita: in consulenza viene solo il marito.
Chiacchieriamo un po’ e capisco quale era il problema: la coppia ha problemi genetici trasmessi ad un figlio, paura di nuove gravidanze, (tutte cose non emerse durante le precedenti consulenze) lui molto innamorato della moglie e desideroso di rispettare quanto consiglia la Chiesa rispetto alla sessualità vissuta all’interno del matrimonio, lui disposto a rispettare la continenza periodica ed i ritmi del corpo della moglie, lei piena di paure.
Ecco che mi sono dovuta confrontare con le paure di una donna, inespresse a parole ma che si leggono nelle schede e negli occhi rassegnati del marito che me le mostra. Tutto ben rilevato e nessun metodo usato.
Ma le paure di quella donna sono le paure di tutte le donne di ogni tempo, perché siamo noi donne che nella nostra carne sperimentiamo il sacrificio d’amore più grande: quello di mettere al mondo un figlio. E’ inutile che giriamo attorno alla questione, lo sappiamo benissimo che affidarsi alla volontà di Dio non è proprio facile, io tremo ogni volta che recitando il Padre Nostro pronuncio le parole “sia fatta la tua volontà”! Lo so: è la cosa più bella del mondo affidarsi, ma la nostra umanità, la nostra carne così attaccata alla terra mi impedisce di prendere questo slancio appassionato a cui tanto anelo.
So che tanti uomini e donne Santi hanno fatto questa esperienza e quindi so che è possibile farla, per questo la racconto alle coppie, perché ho la certezza che sia possibile! E’ anche quello che ho detto a quel marito, gli ho detto di abbracciare sua moglie, di abbracciare le sue paure, di pregare per lei e per la loro famiglia, per il loro matrimonio affidandolo al Padre, perché ho la certezza che Lui li riempirà di Grazia.
Ed ecco un’altra coppia da affidare a Dio nelle mie povere preghiere, e rendo grazie per l’incontro con questo marito, perché mi ha insegnato che anche l’uomo comprende la bellezza dei metodi naturali, che anche l’uomo è disposto ad aspettare e rispettare i nostri ritmi. Questi uomini che spesso noi reputiamo impreparati, innamorati ma non tanto da aspettarci, questi uomini a cui spesso imputiamo il fallimento dell’uso dei metodi, sono invece i nostri eroi, quelli che nel momento del bisogno sanno prendere in mano le redini della nostra storia, pronti a proteggerci accogliendoci nel loro cuore.
Sono grandi questi nostri mariti! Solo che noi donne troppo spesso non gli permettiamo di essere grandi. Credo che parlare a nostro marito delle nostre più grandi paure possa essere il primo passo per renderli grandi: il principe azzurro che abbiamo sposato ora è diventato un re, concediamogli gli onori del suo regno, il nostro cuore, e vedrete che scopriremo di avere vicino un grande uomo.
Parlare dei metodi a quel punto diventerà facile, perché alla base di tutto c’è la verità! Se ci nascondiamo dietro le nostre paure le nostre schede diventeranno le mura attorno al castello che ci rendono irraggiungibili.
Quante volte vedo donne che usano i metodi come scusa per non avere rapporti con i mariti. Ce la metto tutta, vado alla consulenza, prendo la temperatura, compilo la scheda, osservo il corpo, ma proprio non riesco a vedere il muco, oppure lo vedo sempre, oppure dimentico la temperatura, oppure, oppure, oppure…. Vorrei usare il metodo, ma non posso, e quindi dato che la Chiesa dice che è l’unica strada percorribile che facciamo? Ognuna di noi conosce la risposta.
E invece NO!! Parliamo con il nostro re, affidiamogli le paure, i desideri, le ansie, le speranze, ed insieme andiamo in consulenza, sarà una scoperta straordinaria, saremo una coppia regale degna di questo nome.
Ecco cosa mi ha insegnato quel marito: la carità!
E’ così che l’uomo, nell’incontro con Cristo, può determinare in una forma assolutamente originale l’ideale di vita buona, di felicità ultima, nella comunione con Dio e con i fratelli, partecipando del medesimo amore trinitario in una concreta modalità di comunione umana: familiare, sponsale.
J. Noriega – Il destino dell’eros