Entrando in Chiesa, nella mia chiesa in particolare, rimango sempre affascinata dalle luci tenui e dalla musica di sottofondo che mi accompagna.
Qualunque sia la liturgia a cui sto per partecipare, ma anche soltanto per un piccolo momento di preghiera, non posso fare a meno di notare che la mia chiesa trasuda bellezza da ogni angolo.
Forse perché, come ci ricorda S. Tommaso,
la bellezza è lo splendore della verità?
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica troviamo tutta una parte dedicata alle celebrazioni. Vengono spiegate nel dettaglio, con una minuzia che sembrerebbe quasi più da “addetti ai lavori” che per il comune fedele.
Perché, mi viene allora da chiedere, il Catechismo dedica così ampia parte alle celebrazioni?
Proviamo a rispondere basandoci su 5 domande.
1. CHE COSA?
Si celebra la Gloria di Dio.
2. CHI?
E’ tutta la comunità, il corpo di Cristo unito al suo Capo, che celebra. Le azioni liturgiche non sono azioni private, ma celebrazioni della Chiesa, che è sacramento di unità, cioè popolo santo radunato e ordinato sotto la guida dei Vescovi.
CCC, 1140
Ecco qui la risposta alla mia domanda iniziale, ma soprattutto ecco qui la motivazione per cui le celebrazioni non dovrebbero essere celebrate per pochi intimi.
Sebbene tutta la comunità celebri, ognuno di noi ha la sua precipua funzione; proprio come le membra di un unico corpo svolgono ruoli diversi e tutti fondamentali, così ogni fedele
svolge il proprio ufficio, compie solo e tutto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza.
CCC, 1144
Ognuno partecipa secondo la sua chiamata: consacrati, ministranti, lettori, commentatori, membri del coro, nell’unità dello Spirito che agisce in tutti.
3. COME?
Attraverso segni e simboli, parole e azioni, canto, musica e immagini sacre.
Sappiamo perfettamente che quello col Padre è un rapporto umano, pertanto Dio ci parla con un linguaggio umanamente comprensibile fatto non solo di parole semplici, chiare e non fraintendibili, ma anche di gesti.
Ogni celebrazione è un incontro dei figli di Dio e si esprime con un dialogo attraverso simboli e segni che trovano significato nell’Antica Alleanza e si rivelano pienamente in Cristo.
Sono azioni e parole che devono essere valorizzate per nutrire la nostra fede.
Avete presente quando festeggiamo un anniversario particolare? Il bene che ci lega al festeggiato non necessita di segni esteriori, eppure li compiamo valorizzandoli per alimentare quel rapporto. Quando diamo un regalo di compleanno non lasciamo il pacchetto all’interno della borsa di plastica, ma porgiamo in modo solenne il dono al festeggiato; quando spegniamo le candeline cantiamo a squarciagola, non con indifferenza, come se fosse un momento qualunque. Mettiamo fiori al centro della tavola, usiamo un tono solenne..
Insomma, questo linguaggio è quello usato anche dalla Chiesa (o è dalla Chiesa che lo abbiamo imparato?), che ci insegna che i gesti sono fondamentali (e da ora in avanti, non abbiamo più scuse!).
Pensiamo per esempio alle processioni col Libro della Parola, all’incenso che lo precede, alle candele che lo accompagnano, all’ambone dove viene proclamato.
Tutto serve a rendere presente l’opera di Dio. Ricordiamocelo, quando stiamo compiendo qualche gesto particolare: non è un surplus inutile, ma una sovrabbondanza di Bellezza da palesare.
Anche il canto, che non è un riempitivo di tempi morti, contribuisce alla Gloria di Dio e alla santificazione dei fedeli quanto più è unito all’azione liturgica. E come dimenticare le immagini sacre, che trascrivono mirabilmente il messaggio evangelico?
Insomma, tutta la nostra persona è coinvolta nella celebrazione, non solo come azione, ma semplicemente come presenza investita dalla bellezza secondo tutti i canali sensoriali di cui il buon Dio ci ha dotato.
“La bellezza e il colore delle immagini sono uno stimolo per la mia preghiera. E’ una festa per i miei occhi, così come lo spettacolo della campagna apre il mio cuore a rendere gloria a Dio”. La contemplazione delle sante icone, unita alla meditazione della Parola di Dio e al canto degli inni liturgici, entra nell’armonia dei segni della celebrazione in modo che il mistero celebrato si imprima nella memoria del cuore e si esprima poi nella novità di vita dei fedeli.
CCC, 1162
4. QUANDO?
Il nostro non è il dio aristotelico, colui che mette in moto il mondo e lascia che questo continui nel suo movimento senza esserne ulteriormente partecipe. Possiamo quindi immaginare un dio che ci dà l’avvio e poi ci lascia da soli nelle peripezie delle nostre giornate?
Nessun papà, che abbia un po’ di coscienza, farebbe una cosa del genere. Ogni genitore accompagna il figlio, figuriamoci se non lo fa Dio. E la Chiesa, con le celebrazioni, non fa diversamente.
C’è un tempo liturgico annuo che trova il suo culmine nella Pasqua, da cui tutto parte. E’ la festa delle feste.
Così come la domenica, primo giorno della settimana: rigenerati dal giorno del Signore, possiamo andare nel mondo, portatori di vita nuova.
Ma c’è anche una liturgia quotidiana, la Liturgia delle Ore, che scandisce la nostra giornata attraverso la lode a Dio.
5. DOVE?
Ovunque.
Quando i fedeli si riuniscono in uno stesso luogo, la realtà più importante è costituita dalle “pietre vive”, messe insieme “per la costruzione di un edificio spirituale”.
CCC, 1179
Eppure, se devo essere sincera, io non ho smesso un attimo di pensare alla mia chiesa, alla casa sempre aperta che mi accoglie per una preghiera, per una celebrazione, per un momento di silenzio.
Dietro di me il mondo.
Davanti a me l’immagine di San Giovanni Battista, a cui la Chiesa è dedicata; alle mie spalle il crocifisso ligneo; le luci soffuse; il dolce sfarfallio della fiamma delle candele; le immagini dei santi ai lati, le statue della Madonna; la musica di sottofondo; i riflessi delle vetrate.
Tutta questa bellezza donata a me, per me, mi fa sentire abbracciata, desiderata e aspettata. C’è Qualcuno che è lì per me, affinché io ne possa trarre vantaggio e possa così ri-uscire da quella stessa porta da cui sono entrata con cuore diverso.
Dietro di me la Grazia.
Davanti a me un mondo da affrontare in modo nuovo.
Avete letto il commento agli articoli 1135-1205 del Catechismo della Chiesa Cattolica.