Siamo arrivate al decimo step! Riusciremo, con questi nostri piccoli passi possibili a diventare più simili a Maria, al suo essere donna, moglie e madre?
Oggi continuiamo a seguire Maria nel suo personale e doloroso calvario, e la incontriamo sotto la Croce:
“Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e là accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa”.
Giovanni 19,25-27
Si tratta di un brano che pur nella sua brevità risulta tra i più densi e complessi del vangelo di Giovanni, e quindi tra i più impegnativi.
La prima cosa che balza agli occhi è la bellezza della umanità di Gesù, che nell’agonia dona tutto di sè, anche la Madre.
Molteplici commenti si possono fare, ovviamente, sullo spessore ecclesiologico di questo testo, nel quale, come ultimo atto della sua vita, Gesù fonda la Chiesa che – come Madre – accoglie i discepoli di Gesù.
Ma, come abbiamo fatto anche negli step precedenti del nostro Challenge, vogliamo con semplicità soffermarci su alcuni tratti dell’umanità di Maria, che nell’intera sua vita non smette di delineare un percorso che noi, mogli e mamme, possiamo seguire.
Maria, in un momento di grande, grandissimo dolore, riceve il dono di un figlio.
Non avrebbe forse preferito soffermarsi sul suo dolore? Piangere suo Figlio? Invece, quando ancora la sofferenza di Madre non si era del tutto consumata, si trova ad accogliere un nuovo figlio, a mettersi nuovamente e continuamente in gioco come Madre.
A Maria, seppur nel momento del più alto dolore, non è dato di dimenticare la sua principale vocazione, in quanto donna: l’apertura alla vita.
Perchè una donna è sempre mamma. Anche quando la vita sembra dirigersi solo verso la sofferenza della morte. Anche quando il dolore è troppo. Anche quando c’è solo pianto. Anche quando non lo è biologicamente.
Una donna è sempre mamma. E se dimentica questa sua identità perde un po’ se stessa…
Ma che cosa significa aprirsi alla vita? Me lo sono chiesta spesso e mi sono convinta che non è solo una questione di numero di figli o di metodi naturali….
Aprirsi alla vita significa, innanzitutto, aprirsi a Colui che è il creatore della vita. Aprirsi al soffio del Suo Spirito, che vuole irrompere nella nostra esistenza perchè possiamo portare frutto.
Vorrei riflettere, insieme a voi, è sull’esperienza di due M&M del nostro gruppo, che mi hanno aiutato a comprendere il senso di questa apertura.
La prima M&M ci racconta di come, inaspettatamente, dopo solo dieci mesi dalla domanda di disponibilità all’adozione, è arrivato un figlio nella sua famiglia:
“Una meravigliosa opera di Dio ci ha riempito la vita di gioia, aggiungendo nuova felicità a quella che già da sposi abbiamo sperimentato e sperimentiamo quotidianamente.”
Inaspettato. Credo non esista un aggettivo più adatto a descrivere i frutti dell’apertura alla vita.
Che sia per le due righine del test di gravidanza, per un figlio che giunge da lontano, per la serenità nonostante tutto… aprirsi alla vita ci fa sempre sperimentare un senso di inaspettato stupore.
Maria, Madre ancora, ci aiuti a coltivare e sperimentare lo stupore che la vita porta con sè. Ci aiuti a vedere con meraviglia i piccoli e grandi interventi dello Spirito nella nostra esistenza.
La seconda è una mamma, che dopo la nascita della sua seconda bimba, è stata investita da una severa depressione post-partum.
“A volte sono spaventata. … non riesco a sentirmi mamma. .. mi sembra un qualcosa di più grande di me e mi spaventa.”
Leggo le sue parole e penso a quanto spesso la maternità (o l’assenza di maternità) è legata a un’esperienza di fatica e di dolore. Quanto spesso ci confrontiamo, nel gruppo, tra mamme affaticate, sopraffatte. O tra donne che vedono limitato ed amputato il loro desiderio di dare la vita.
Quanto spesso ciò che dovrebbe essere fonte di gioia, ciò che dovrebbe essere naturale in una donna e in una coppia, è legato a doppio filo con la sofferenza.
Aprirsi alla vita, significa accettare ciò che la vita ci porta. Accettarne i lati più in ombra, più faticosi. Accettare che la vita posso fiorire anche se circondata da buio e ombra. Esserci. Starci.
Maria sotto la croce, Madre nel dolore, comprende la nostra fatica e ci sostiene nella nostra quotidianità.
Cerchiamo, anche nelle prossime settimane, di diventare più simili a lei:
PRIMA SETTIMANA
Preghiamo ogni giorno con queste parole:
Maria Madre della vita e Madre dello stupore aiutaci oggi a stupirci della vita e ad aprirci allo Spirito.
SECONDA SETTIMANA
Ringraziamo il Signore, ogni giorno, per la vita che abbiamo. Anche là dove le fatiche si fanno sentire, dove il dono di aprirsi alla vita è accompagnato dalla delusione, dal dolore…
Per quante di noi sono mamme può essere utile ripetere questa bellissima preghiera, che mi è stata donata da una delle nostre M&M in un momento di sconforto:
Signore, tu che sei pazienza, insegnami a guardare con serenità il disordine imperante, le porte che sbattono, i giochi sparpagliati.
Signore, tu che sei dolcezza, insegnami a trattenere la mano, a diminuire le mie esigenze, a vincere la mia voglia di brontolare.
Signore, tu che sei tenerezza, insegnami a consolare, anche se ciò mi richiede del tempo, a carezzare, anche se ho fretta.
Signore, tu che sei amore inesauribile, insegnami ad amare come te.
TERZA SETTIMANA
Cerchiamo di cogliere i segni, nella nostra vita, della presenza dello Spirito di Dio. Di sentire il Suo soffio, riconoscendo la Sua azione nelle piccole e grandi cose belle che ci circondano: il sorriso di un bambino, il gesto di affetto di un’amica, uno sguardo d’intesa con nostro marito…? Sono piccoli segni di predilezione e di consolazione che lo Spirito ci dona.
QUARTA SETTIMANA
Nella preghiera e in comunione con nostro marito, consideriamo come possiamo rispondere alla chiamata di aprirci alla vita.
Per la nostra coppia forse è possibile aprirci responsabilmente ad accogliere un altro figlio?
O invece considerare di aprire il nostro cuore a un bambino che viene da lontano?
O aprire le porte della nostra casa a figli, persone, realtà che hanno bisogno di noi?
O usare il nostro tempo, le nostre energie o le nostre risorse per la difesa della vita?
Ci sono tanti modi, a seconda delle possibilità e delle condizioni della nostra famiglia, per cui possiamo divenire madri feconde, come fu Maria con Giovanni, come è la Chiesa con noi suoi discepoli. Permettiamo allo Spirito di Dio di suggerirci come possiamo portare, ancora, frutti di vita!